La satira: Giovenale

Contenuto delle Satire di Giovenale

Satira I: come introduzione il poeta afferma che il genere satirico soddisfa pienamente le sue ambizioni e che vi è stato indotto per sdegno contro il malcostume e la corruzione dilaganti in Roma. Dichiara infine di rivolgere le sue satire contro personaggi "che sono sepolti lungo le strade Flaminia e Latina", per non subire ritorsioni da parte dei contemporanei.

Satira II: invettiva acerba e realistica contro l'ipocrisia degli uomini effemminati che condannano in pubblico le turpitudini di cui essi stessi sono colpevoli in privato.

Satira III: Umbricio, un vecchio amico del poeta, disgustato dalla corruzione di Roma, spiega perché si ritira in campagna, presso Cuma: gli onesti e i poveri non possono più vivere in una città, in cui trionfa l'affarismo della gente nuova, in cui la fanno da padroni schiavi e istrioni arricchiti e gli immigrati greci sovvertono gli antichi virtuosi costumi. Segue una colorita rappresentazione delle strade di Roma affollate, rumorose, piene di malviventi e pericolose per i continui incendi e crolli.

Satira IV: descrizione eroicomica della riunione del consiglio imperiale, voluta da Domiziano, per decidere sul modo migliore di cucinare un gigantesco rombo; viene proposta la costruzione di una grande padella.

Satira V: tratta la condizione umiliante dei clienti mortificati da patroni ricchi, rozzi e arroganti, soprattutto durante i banchetti.

Satira VI: è la più lunga (661 esametri) e la più nota tra quelle scritte da Giovenale, che passa in rassegna i vizi delle donne di ogni ceto, soprattutto delle mogli, la loro infinita immoralità, spinta talora fino al delitto.

Satira VII: descrive la misera condizione morale e materiale di intellettuali, poeti, avvocati, retori, insegnanti, costretti a subire mortificazioni di vario genere per sopravvivere e meno considerati dei campioni sportivi o degli attori di grido.

Satira VIII: sulla nobiltà di nascita, che non ha valore se non è accompagnata dalla virtù. Per esempio, i nobili Catilina e Nerone si resero colpevoli di azioni disonorevoli, mentre Cicerone e Mario, uomini nuovi, divennero famosi per i loro meriti.

Satira IX: il parassita Nerolo si lamenta, con un linguaggio molto realistico e crudo dello scarso compenso ottenuto per i turpi servizi resi a un ricco effeminato vizioso.

Satira X: sulla vanità dei falsi beni (ricchezza, gloria oratoria e militare, potenza, longevità e bellezza), che portano rovina più che felicità: agli dei si deve domandare soltanto mens sana in corpore sano.

Satira XI: condanna dei banchetti lussuosi, che rovinano economicamente, ed elogio della sobrietà; il poeta espone poi la lista dei cibi che l'amico Persico troverà sulla sua mensa.

Satira XII: Giovenale, sotto forma di epistola, narra a Corvino il naufragio a cui è scampato l'amico Catullo, padre di tre figli, e i sacrifici da lui predisposti come ringraziamento, senza sospetto di interesse personale.

Satira XIII: il poeta consola un amico truffato di una grossa somma di denaro, come caso non raro, visto che i malviventi sono numerosissimi, e sostiene che, pur rimanendo impunito, il colpevole sarà tormentato dal rimorso.

Satira XIV: sull'educazione dei giovani, mette in evidenza i cattivi esempi dati dalla condotta immorale dei padri; si scaglia soprattutto contro l'avarizia e l'avidità; esalta gli antenati che davano ai figli esempi di virtù.

Satira XV: il poeta si scaglia contro la crudeltà umana, prendendo spunto da un episodio di cannibalismo, accaduto in Egitto.

Satira XVI: incompleta, sui privilegi e sui vantaggi della vita militare.