I Padri della Chiesa latina

Gerolamo

Con la sua produzione dogmatico-ascetica Girolamo esce dagli schemi dottrinali tradizionali per il raffinato senso artistico, degno dei migliori scrittori classici.

Una vita inquieta

Sofronio Eusebio Gerolamo (o Girolamo) nacque a Stridone, in Dalmazia, da famiglia cristiana, intorno al 347. Trasferitosi a Roma, studiò retorica, filosofia e frequentò la scuola del grammatico Elio Donato, da cui derivò la grande passione per la letteratura classica. Ebbe come compagno Rufino, di cui poi divenne avversario nella controversia riguardante le tesi di Origene. Dopo aver ricevuto il battesimo al termine degli studi, si recò in Gallia, ad Aquileia e poi in Siria, ad Antiochia, dove seguì le lezioni dell'esegeta Apollinare di Laodicea. Si dedicò per tre anni (375-378) alla vita ascetica dell'anacoreta nel deserto di Calcide, vicino ad Antiochia, e iniziò ad apprendere la lingua ebraica ed aramaica. Fu ordinato sacerdote e nel 380 fu discepolo a Costantinopoli del Padre della Chiesa greca Gregorio Nazianzeno. Tornò a Roma nel 382 per partecipare a un sinodo, su invito di papa Damaso, di cui divenne segretario. Ricevette l'incarico di riordinare e rivedere, sul testo greco, la versione latina della Bibbia. Fu anche consigliere spirituale, in un cenacolo monastico, di alcune matrone aristocratiche, fra le quali vi erano la vedova Paola e la figlia Eustochio. Entrato in conflitto con il clero romano, troppo mondanizzato per i suoi ideali monastici, Gerolamo, dopo la morte di Damaso (384), lasciò Roma con Paola ed Eustochio, per l'Egitto e, poi, per la Palestina, fermandosi definitivamente a Betlemme. Qui fondò un eremo dove visse fino alla morte, dedito allo studio e alla preghiera, dirigendo anche una scuola monastica e tre conventi femminili, edificati con il patrimonio di Paola.

La produzione letteraria

La fama di Gerolamo è legata indissolubilmente alla traduzione in latino dell'Antico e del Nuovo Testamento, la cosiddetta Vulgata editio, riconosciuta, nel concilio di Trento del 1546, come l'unica valida versione dei testi sacri. Durante il suo soggiorno a Roma, su incarico di papa Damaso, intraprese la revisione dell'Itala, il testo latino dei Vangeli allora in uso, confrontandolo con quello greco: ne uscì una nuova versione. Giunto a Betlemme si dedicò alla revisione del testo dell'Antico Testamento, prima utilizzando il testo dei Settanta e, in seguito, non convinto delle traduzioni latine e greche, direttamente l'originale in ebraico e aramaico, lingue che conosceva bene. Gerolamo realizzò una ingegnosa versione in un linguaggio semplice e chiaro, adatto a essere compreso dai fedeli, in un latino popolare e nel contempo ciceroniano. Non si limitò alle traduzioni, ma commentò anche vari libri sacri: quello dei Salmi, quelli dei Dodici Profeti minori e dei Quattro maggiori, l'Ecclesiaste, quattro Lettere di San Paolo, il Vangelo di Matteo e l'Apocalisse. È uno studio critico-filologico attento soprattutto al significato letterale. Gerolamo fu anche uno studioso appassionato e filologo esperto dell'antichità classica, tanto da rimproverarsi, in un passo famoso, d'essere "ciceroniano", più che "cristiano". Tra le opere storiografiche ha particolare importanza il Chronicon (Cronaca), un compendio di storia universale da Abramo in poi. Girolamo lo tradusse dall'opera omonima del vescovo greco Eusebio di Cesarea, che giungeva al 325, integrandolo con le vicende storiche, politiche e letterarie - queste ultime desunte da Svetonio ­ fino al 378, anno della morte dell'imperatore Valente. Proprio da Svetonio egli riprese titolo e genere per l'opera De viris illustribus (Gli uomini illustri), 135 brevi biografie di autori cristiani, a partire da san Pietro. Vi sono compresi anche Flavio Giuseppe, Filone l'Ebreo e Svetonio, che non furono cristiani; l'ultima è la sua autobiografia. A questo genere appartengono anche le biografie di tre monaci, Paolo, Malco e Ilarione, piacevoli per lo stile vivace e semplice e per il tono fiabesco. Fra i numerosi testi dogmatici si ricordano: Adversus Halvidium, sulla verginità di Maria; Adversus Iovinianum, sul valore della verginità e sul digiuno; Adversus Vigilantium, sul celibato dei presbiteri e sul culto dei martiri; Apologia adversus libri Rufini, apologia in 3 libri contro Rufino accusato da Gerolamo di essere un sostenitore delle idee di Origene. Un'opera letteraria finemente elaborata, importante testimonianza sia storica sia per la conoscenza della vita dell'autore, è l'Epistolario, che comprende 150 lettere, di cui 117 sicuramente di Gerolamo più altre di corrispondenti o apocrife, di ampiezza varia: alcune sono dei veri e propri trattati polemici. Interessante è la XXII, in cui lo scrittore espone il suo pensiero sulla conciliabilità degli studi classici con la vita cristiana.