Livio Andronico e Gneo Nevio

Livio Andronico

Anche traducendo e imitando testi greci, l'originalità di Livio Andronico fu quella di aver voluto fare opere d'arte in latino e di aver introdotto i versi senario giambico e settenario trocaico; egli senz'altro contribuì anche al raffinamento della lingua.

La vita

Nato nella colonia greca di Taranto, Andronico fu condotto a Roma come prigioniero di guerra in seguito alla conquista della città da parte dei romani nel 272 a.C., durante la guerra contro Pirro, re dell'Epiro. Fu schiavo di un certo Livio Salinatore, di cui educò i figli come precettore e di cui assunse il prenome quando venne affrancato. Trascorse la vita insegnando lettere latine e greche ai giovani delle famiglie altolocate, presso le quali era in voga sostituire per i figli l'educazione paterna con quella di pedagoghi greci. La fama procuratagli dall'attività letteraria crebbe tanto che il Senato nel 207 affidò a lui, già vecchio, durante la seconda guerra punica, un partenio, un carme propiziatorio in onore di Giunone, cantato da ventisette fanciulle. È forse proprio per onorare il poeta che fu istituito il collegium scribarum histrionumque e gliene fu affidata la direzione. Morì probabilmente verso la fine del sec. III.

La traduzione dell'Odissea

Per le sue necessità di insegnante e forse anche per far conoscere e stimare ai giovani i capolavori della letteratura greca, nonché per iniziarli al gusto artistico, il poeta tradusse in versi saturni l'Odissea di Omero, opera che, per il suo contenuto avventuroso e fantastico, riteneva più adatta all'ambiente romano dell'Iliade. Non è possibile sapere quanto questa traduzione (Odusia), primo esempio di epica in latino, fosse fedele all'originale, in quanto sono pervenuti solo una trentina di frammenti per altrettanti versi; l'opera ebbe però una grande importanza storica, perché insegnò ai romani ad apprezzare non solo l'epica, ma anche la tragedia e la commedia, tanto che essa rimase a lungo come libro di testo nelle scuole. Non fu comunque apprezzata dagli autorevoli scrittori del I sec. a.C.: Cicerone, per esempio, pur riconoscendone la grande forza e vitalità, la reputava grossolana e primitiva, come una statua di Dedalo, cioè la rigida scultura greca arcaica. Il primo verso tramandato da Gallio (Virum mihi Camena insece versutum , narrami, oh Camena dell'astuto eroe) dà chiaramente l'idea della volontà del tarantino di trasportare l'esametro greco nell'insufficiente verso saturnio.

La produzione teatrale

La tradizione romana fa risalire a Livio Andronico l'inizio della letteratura latina. Nel 240 a.C., sotto il consolato di Gaio Claudio e di Marco Tudebano, gli venne affidato l'incarico di scrivere e allestire per i ludi romani, la rappresentazione di un dramma, tradotto dal greco e adattato al gusto del pubblico romano, nell'ambito delle solenni cerimonie per celebrare la vittoria nella prima guerra punica.

A questo, seguirono altri drammi di cui sono pervenuti solo una cinquantina di frammenti. Si conoscono tuttavia i titoli di 8 tragedie, ispirate in parte al ciclo troiano che molto interessava il pubblico per le vicende di Enea, l'eroe legato alle origini di Roma Achilles, Aegisthus, Aiax mastigòphorus (Aiace con la frusta) Equos Troianus, Dànae, Andròmeda, Tèreus, Hermiona, e di 3 palliate di incerto argomento Gladiolus, Ludius, Virgus. Oltre che autore fu anche attore. Con molta probabilità Andronico rimaneggiò liberamente opere greche, ricorrendo anche alla contaminatio.