Lucilio e le nuove tendenze della poesia

Gaio Lucilio

Gaio Lucilio è il primo scrittore latino che si impegna in un solo genere, quello della satira. È vivace e anticonformista; l'indipendenza economica, l'appartenenza al ceto equestre e la protezione di amici potenti gli consentono una critica libera, quasi sempre sarcastica, polemica e aggressiva. Usa un linguaggio vario, come dice lui stesso, che non vuole essere letto né dagli uomini incolti, né dagli uomini troppo dotti, con termini tecnici e specialistici propri dei vari mestieri e con grecismi. Sia per il tono mordace sia per l'andamento discorsivo e narrativo dell'esposizione, Lucilio fu il modello di tutti i poeti satirici posteriori. Orazio tuttavia gli rimprovera la prolissità e la scarsa cura della forma e lo chiama "fangoso" (lutulentum), come un torrente che scende rovinoso dai monti.

La vita

Gaio Lucilio nacque a Sessa Aurunca nella Campania settentrionale nel 180 a.C., come sostengono con argomenti attendibili gli studiosi moderni, e non nel 148 come voleva san Girolamo. Di famiglia benestante e appartenente al ceto equestre, Lucilio fece parte del circolo degli Scipioni e divenne amico di Lelio e di Scipione l'Emiliano, senza però perdere, nonostante il suo spiccato filoellenismo, i tradizionali valori romani, come del resto tutti gli appartenenti al circolo. Combatté in Spagna agli ordini di Scipione l'Emiliano (133 a.C.). Ritornato a Roma si dedicò per un trentennio alla poesia, anche se le sue condizioni di nascita e di censo (proveniva da una famiglia ricca), gli suggerivano di intraprendere la carriera politica. Nel 106 si trasferì a Napoli, dove morì. I suoi funerali a spese dello Stato (funus publicum) attestano la considerazione di cui il poeta godeva presso i contemporanei.

Lucilio e la satira

Lucilio è, secondo Orazio, l'iniziatore della satira, genere che gli scrittori romani sentivano come originale della letteratura latina, e quindi autonomo rispetto ai modelli greci. Le parole di Quintiliano "la satira appartiene a noi soltanto" lo confermano. Lucilio compose 30 libri di Satire, che probabilmente chiamò sermones, cioè "chiacchiere", quasi a sottolineare il loro carattere colloquiale. I grammatici del sec. I a.C. raccolsero e ordinarono la sua produzione non secondo l'ordine cronologico, bensì secondo il metro usato. Lucilio scrisse i primi libri, dal XXVI al XXX, in senari giambici e in settenari trocaici; passò poi definitivamente all'esametro dattilico (libri I-XXI), che si trova già nel XXX libro. Usò infine il distico elegiaco nel libri dal XXII al XXV, che furono pubblicati dopo la sua morte e che forse formavano una raccolta a sé, con composizioni anche di carattere non satirico. Dell'opera rimangono frammenti per circa 1350 versi, tramandati per via indiretta. L'esametro diventerà il verso proprio del genere satirico da Orazio in poi.

La varietà dei temi

La satira di Lucilio prende di mira tutti gli aspetti della Roma sua contemporanea; cadono sotto i suoi strali la disonestà e la corruzione, la superstizione e la miseria del popolino, il lusso sfrenato delle donne e lo sfarzo nei banchetti. L'ironia e il sarcasmo colpiscono ogni strato sociale: ce n'è per tutti, dice Orazio, grandi e piccini, poveri e ricchi. Esalta però commosso la virtù e i valori morali, lodando soprattutto l'opera politica e il comportamento umano di Scipione l'Emiliano.

Nel I libro Lucilio descrive uno spassoso concilio degli dei, che si svolge come una seduta del senato romano, convocato da Giove per conoscere le cause della corruzione in Roma. Appurato che la colpa è di Cornelio Lentulo Lupo, gli dei decidono di farlo morire di indigestione per aver mangiato troppi "lupi", pesci pregiati del Tevere. Il II libro contiene la satira di un processo intentato da Tito Albucio contro Muzio Scevola, in cui le arringhe della difesa e dell'accusa riempiono di ridicolo il querelante. Nel III libro si ha un'esilarante narrazione in forma epistolare di un viaggio del poeta da Roma in Sicilia, che Orazio prenderà a modello per il racconto del suo viaggio a Brindisi. Altri frammenti descrivono peccati di gioventù, episodi di guerra, grammatica e retorica o ostentazione del lusso nel banchetto di un tale Granio. Compare anche il tema erotico nel XVI libro, dedicato a una donna, Collyra.