Plauto

Il rapporto con i modelli greci

Le commedie di Plauto sono palliate, ambientate quindi in Grecia e recitate in costume greco. Gli intrecci sono quelli caratteristici della commedia nuova attica, che si caratterizzava per il passaggio dalle tematiche sociali alle problematiche dell'individuo. A questi modelli Plauto attinge, servendosi anche della tecnica della contaminatio; tale fusione di parti di testi analoghi in una sola è però molto libera, perché serve per vivacizzare l'azione e ottenere l'applauso del pubblico. Sicuramente si è ispirato a Menandro (342-291 a.C.), a Difilo (360-280 a.C.), a Filemone (360 ca-263 a.C.), ma anche ad autori minori. Plauto non mostra preferenze letterarie: la conoscenza diretta di ciò che piace al pubblico gli fa scegliere di volta in volta i modelli. Si leggono, in alcuni prologhi, le parole vortere barbare (tradurre dal greco in latino) e l'indicazione della fonte; ma quanto Plauto sia fedele ai modelli è un problema irresolvibile per l'impossibilità di mettere a confronto i testi latini con quelli greci, praticamente del tutto perduti.

L'autonomia dalle fonti

È comunque ormai universalmente riconosciuta la grande autonomia del poeta dalle fonti e, in generale, dalla commedia greca. La coerenza di stile delle varie opere plautine male si concilia con modelli di testi e di autori diversi. Inserite nell'ambiente greco si trovano continue allusioni al mondo romano, ai suoi costumi e alla sua vita, al pubblico in teatro; e poi metafore, una lingua vivace e popolaresca, del tutto personale, toni decisamente più buffoneschi di quelli riscontrabili nel teatro greco, così pieno di sottile umorismo. Lo stesso si può dire per l'incongruenza e l'esagerazione di certi intrecci; anche i nomi greci dei protagonisti sono inventati da Plauto e raramente si ripetono nelle varie commedie.

La struttura delle commedie

Le commedie non sono divise in atti (la scansione attuale è dovuta al periodo umanistico) e, a eccezione di quello dei marinai nel Rudens, sono prive di coro, presente nella commedia nuova attica, anche se ridotto a semplice intermezzo musicale tra due scene. Decisamente innovativo è l'ampio spazio riservato alla musica e al canto, monodico corale: dà vitalità alla scena e probabilmente era apprezzato dal pubblico. Le parti recitate (diverbia) e le parti cantate (cantica) si alternano con grande libertà compositiva, senza obbedire a uno schema fisso. La ricchezza e la varietà dei metri sono uno degli aspetti peculiari e più interessanti del teatro plautino: settenari trocaici e senari giambici per il recitato; per il canto, bacchici, dimetri cretici, anapesti e altri ancora. I prologhi espongono l'antefatto e alludono allo sviluppo della trama e al finale.