Virgilio

La vita

La fonte più attendibile di notizie sulla vita di Publio Virgilio Marone (Andes 70 - Brindisi 19 a.C.) è il grammatico Elio Donato, che attinge i dati da Svetonio. Altre notizie sono ricavabili dalle sue stesse opere e da quelle degli scrittori contemporanei.

Gli anni di formazione

Publio Virgilio Marone nacque presso Andes, l'odierna Pietole nei sobborghi di Mantova. Al di fuori della leggenda poco si sa del suo ceto; apparteneva probabilmente a una famiglia di medi proprietari terrieri, il cui reddito era comunque tale da consentirgli un'accurata istruzione a Cremona e a Milano, il maggiore centro culturale dell'Italia settentrionale. Secondo le fonti, intorno ai 16 anni incominciò a scrivere, subendo l'influenza della dotta e raffinata corrente dei poetae novi. Sui 20 anni si recò a Roma, dove fu discepolo del retore Epidio, e poi a Napoli. Abbandonò quasi subito l'arte oratoria, cui era destinato, per dedicarsi alla poesia e agli studi filosofici presso il dotto epicureo Sirone, che insegnava a Napoli, città che rimase sempre la preferita dal poeta. In quegli anni si legò in amicizia con personaggi della cultura del tempo, come Orazio, Plozio Tucca, Quintilio Varo e Lucio Vario, e completò la sua formazione lontano dalla vita politica e quindi dalle lotte civili.

La confisca del podere

Dopo la battaglia di Filippi (42 a.C.) Ottaviano compensò i veterani per i lunghi anni di guerra con l'assegnazione di terre nella Gallia Cisalpina, terre che furono confiscate soprattutto nel Cremonese e nel Mantovano. Virgilio, che era tornato nella sua proprietà fin dal 45, fu certamente coinvolto in questo dramma, che si svolse con alterne vicende, impossibili da ricostruire con esattezza. Sembra che in un primo tempo egli riuscisse a evitare la confisca dei propri campi per l'intervento di Asinio Pollione, governatore della Cisalpina, e che in un secondo tempo ne fosse privato; forse gli vennero restituiti un'altra volta. Fu comunque  un'esperienza dolorosa, della quale si trovano tracce nelle Bucoliche composte tra il 42 e il 39. La poesia già matura delle Bucoliche fa pensare che esse non siano la prima opera di Virgilio; della produzione precedente resta solo l'Appendix Vergiliana, la cui attribuzione è però molto dubbia. Partì per Napoli nel 40 ca, andando ad abitare in una villa forse ereditata da Sirone.

Alla corte di Mecenate

Comunque Virgilio uscì senza danni dalla vicenda della confisca dei suoi poderi, perché più tardi fu indenizzato con proprietà in Campania, in Sicilia, a Taranto e con una casa sull'Esquilino, ma crebbe anche nella considerazione dei potenti dopo l'uscita delle Bucoliche. L'opera gli attirò le simpatie e la protezione dello stesso Ottaviano e di Mecenate, nel cui circolo il poeta entrò, divenendone presto una delle figure di maggior spicco. Nel 37 a.C., insieme con Orazio e con altri, seguì il potente ministro in una missione diplomatica a Brindisi e a Taranto per preparare il terreno in vista di una conferenza di pace fra Ottaviano e Antonio.

Il viaggio in Grecia

Il resto della sua vita trascorse senza avvenimenti particolari tra la capitale e i lunghi soggiorni nella città partenopea; un'esistenza quieta e ritirata, intenta alla composizione dei quattro libri delle Georgiche (37-30) e del capolavoro, il poema epico Eneide (29-19). Sobrio nel cibo e di salute cagionevole, ebbe un carattere timido e impacciato: candido, come scrisse l'amico Orazio; a Napoli lo chiamavano benevolmente partenias (la verginella). Nel 19 intraprese un viaggio in Grecia, forse, dice la tradizione, per documentarsi meglio riguardo al suo poema. Ad Atene incontrò Augusto e, nonostante il clima torrido delle estati elleniche, volle proseguire verso l'interno del paese. Ammalatosi a Megara nel 19 a.C., ebbe solo il tempo di raggiungere la nave e di approdare a Brindisi, dove morì il 21 settembre. Fu sepolto a Napoli.