Il periodo classico della letteratura latina

La lingua letteraria

La lingua letteraria latina fu una creazione degli scrittori che elaborarono la lingua parlata a Roma dalle classi colte. Determinante fu l'influsso dei grammatici greci, che portò nel corso dei secoli a modificare la fonetica, la morfologia e la sintassi. La raffinatezza e la coerenza linguistica raggiunsero la massima perfezione nel sec. I a. C. con le opere di Cicerone e di Cesare: nacque così quella prosa letteraria classica, legata a norme fisse, che diventò un modello da imitare per i secoli successivi. Il purismo linguistico si affermò sempre di più, perché tutti i personaggi importanti sentivano ormai come obbligo il mostrare la propria cultura, che non era più relegata in circoli esclusivi come quello degli Scipioni: politici quali Cicerone e Cesare furono uomini di vasta cultura. Ora l'immenso impero romano, almeno per quanto riguarda le classi colte, possedeva una lingua uniforme e comune, insegnata in scuole private che sorgevano sempre più numerose e alle quali accedevano, pagando un compenso al maestro, tutti coloro che non potevano permettersi un insegnante in casa. Roma diventò del resto una città sempre più cosmopolita, con l'arrivo massiccio di "provinciali": per costoro una cultura ampia e una sicura conoscenza della lingua erano necessarie per raggiungere il successo nella capitale, perché erano una via per entrare in contatto con i potenti.

Meno legata a regole fisse era la lingua poetica, che aveva caratteristiche ed esigenze diverse rispetto alla prosa. La poesia era molto più libera nella morfologia e nella sintassi, conservava arcaismi e creava neologismi; la tradizione poetica stessa, fissata da Ennio nelle sue linee generali, era, per lo meno in parte, differente.