Lucrezio

Il contenuto del De rerum natura

Il primo libro: la teoria atomica. Si apre con un ampio proemio costituito da un solenne inno a Venere, forza generatrice della natura, dea dell'amore, del piacere e della fecondità, protettrice e simbolo di pace e di gioia infinita, perché infonde l'ispirazione al poeta. L'invocazione alla divinità è un modo convenzionale di introdurre un poema, non contrasta con le convinzioni del poeta: gli dei, pur se esistono, non si curano delle vicende degli uomini. Dopo la dedica a Memmio segue un commosso elogio a Epicuro, che per primo si elevò contro la religione e rivelò la verità agli uomini, entrando nei segreti della natura. Il sacrificio di Ifigenia, immolata dal padre Agamennone in Aulide, dimostra che la religione fa compiere agli uomini i gesti più infami e malvagi. Per porre riparo ai timori e alle ossessioni delle pene eterne dell'oltretomba, agli interrogativi di quale natura sia l'anima, se essa finisca nelle cupe tenebre o trasmigri in altri esseri, che sono tutte creazioni di poeti per distruggere la felicità degli uomini, Lucrezio enuncia quindi il principio fondamentale delle teorie atomiche: " mai nessuna cosa nasce dal nulla per virtù divina" e nulla si riduce al nulla, solo si trasforma. La vita è composta da un insieme di corpi primi, gli atomi, corporei, indivisibili e indistruttibili; quando si muore essi si disgregano e si muovono nel vuoto di un universo infinito. Materia e vuoto costituiscono dunque la natura. False sono le teorie dei presocratici, di Eraclito, di Empedocle e di Anassagora.

Il secondo libro: il clinamen. Una stupenda introduzione esalta la serenità imperturbabile del filosofo immune dall'ambizione e dal desiderio di ricchezza per i quali è infelice la maggior parte degli uomini. Lucrezio tratta quindi delle qualità degli atomi, che sono in continuo, velocissimo movimento in un vuoto senza ostacoli. Gli atomi si muovono dall'alto al basso e, grazie al clinamen, cioè all'inclinazione rispetto alla verticale, rimbalzano, si incontrano e si aggregano: la diversità delle loro forme e la molteplicità delle combinazioni generano la varietà delle cose. Questi corpi primi si muovono infiniti in uno universo infinito creando infiniti mondi; il libro si chiude con l'immagine di grande vigore poetico, che tutti i mondi sono soggetti al ciclo di nascita e di morte.

Il terzo libro: l'anima umana. Dopo un solenne elogio di Epicuro, il poeta espone la dottrina dell'anima umana. Lucrezio con incalzanti ragionamenti dimostra la sua mortalità. Essa si distingue in anima, che è il principio vitale sparso in tutto il corpo, e animus, cioè la mente razionale che ha sede nel petto; essi sono materiali, perché composti da atomi, sia pure sottilissimi e velocissimi. L'anima e il corpo sono uniti e non possono esistere separatamente: insieme nascono, crescono e muoiono. Quando muore il corpo muore anche l'anima: è quindi assurdo aver paura della morte e l'oltretomba è una grande fantasia.

Il quarto libro: i simulacra. Descrive il meccanismo delle varie funzioni del corpo, dei sensi, dei desideri, delle idee. Le sensazioni sono provocate da gruppi di atomi sottilissimi (simulacra) che si staccano dai diversi oggetti ed entrano nel corpo, dando origine alla vista, al tatto, all'udito, all'odorato, al gusto. Le diversità che si riscontrano nei sensi sono dovute alle varie forme dei simulacra e alla differenza dei corpi riceventi. Simulacra sottilissimi, vaganti per l'aria, sono all'origine non solo delle idee stesse, ma anche dei sogni, delle illusioni e delle cose inesistenti. Dopo aver spiegato che anche il bisogno di mangiare e di bere e la passione amorosa dipendono dagli atomi, il libro termina con la condanna dell'amore fisico.

Il quinto libro: la cosmologia e la vita sulla terra. Il poeta estende la sua visione a tutto l'universo: questo non fu creato dagli dei; il mondo non è eterno, è mortale e in esso non vi è posto per gli dei. Dal caos iniziale è avvenuta la creazione dei corpi celesti e della terra. Gli atomi si sono combinati secondo il peso e la forma: al centro la terra, l'aria nella zona superiore e, ancora più in alto, l'etere. Sono assurde le teorie di coloro che sostengono che gli astri, che sono divinità, e il mondo, che è sede degli dei, siano eterni: come hanno avuto un inizio così essi avranno una fine. Egli espone poi il sorgere e l'evoluzione della vita sulla terra, dai fiori e dagli alberi, agli animali e agli uomini; di grande potenza e solennità poetica è il quadro delle origini e del graduale incivilimento dell'umanità, le prime unioni, il sorgere del linguaggio e poi della società organizzata: dallo sgomento dell'ignoto e dall'ignoranza del vero nascono la fede negli dei e la credenza religiosa.

Il sesto libro: geofisica e meteorologia. Dopo l'elogio ad Atene che ha accolto Epicuro, il poeta descrive la formazione materialistica dei fenomeni meteorologici, come le nuvole, le piogge, gli arcobaleni e, in particolare i tuoni, il fulmine e i lampi che sono attribuiti dall'umanità ignorante e superstiziosa alle divinità. Lucrezio tratta infine dei fenomeni terrestri, come l'origine dei terremoti o delle inondazioni stagionali del Nilo. Il poema termina con la descrizione della peste di Atene durante la guerra del Peloponneso (431-404 a.C.): un tetro quadro di morte e di umana miseria che contrasta con la visione epicurea della vita serena e con quello della primavera e della nascita nell'iniziale invocazione a Venere.