Approfondimenti

Il <em>Processo</em> di Kafka

Il Processo è inconoscibile, come le altissime gerarchie del Tribunale e lo sconosciuto Dio che le sovrasta. I giudici, ereditari e infantili, capricciosi e vendicativi, senza senso per la realtà e i rapporti umani, non lo conoscono nel suo insieme: ognuno di essi ne conosce un minimo frammento e per il resto ignora “da dove viene” e non sa “dove prosegue”. Quanto agli avvocati, sono appena tollerati: vengono derisi nel modo più crudele dal Tribunale: non possono consultare nessuno dei documenti, né testimonianze né atti d'accusa; e allora a che servono quei memoriali, pieni di latino, di appelli generici, di autoelogi, di umiliazioni, di analisi? Soltanto lo sguardo totale, che scende dalla tenebra degli dei superiori, può afferrare la totalità del processo; e scoccare il preciso giudizio. Nell'attesa di quel momento supremo, il processo fa la sua lenta e lunga strada: specie nei tempi moderni, quando il suo passo è diventato lentissimo e sfibrante, forse perchè il nostro senso di colpa è molto più tortuoso e inafferrabile di quello degli antichi. Tutto respira la procrastinazione: il movimento sempre uguale, né ascendente né discendente; mentre l'imputato vorrebbe il dibattito, il Tribunale – sia per farci soffrire di più sia per obbedire alla propria natura spossante e labirintica – mira al prolungamento indefinito dell'istruttoria. Qualche volta, il processo ha una sosta. L'imputato riceve un certificato di “assoluzione apparente”, ma l'accusa continua a pendere intatta sopra di lui, e un giudice può ordinarne un'altra volta l'arresto. Così l'istruttoria riprende, con nuove assoluzioni cancellate, nuovi arresti e nuovi rinvii: ristagna, rallenta e si perde come un rigagnolo tra le carte polverose del Tribunale. Finché un giorno, senza preannuncio né preavviso, il processo – l'imputato, le memorie minuziosamente redatte, i giudici inferiori – viene tolto all'avvocato e scompare. Non c'è più nulla. Tutto è passato sotto la competenza di corti inaccessibili, di dei invisibili, dai quali scende – ugualmente all'improvviso – la sentenza definitiva.

Pietro Citati, Kafka, Rizzoli, Milano 1992, p. 139.