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Kafka, il più occidentale di tutti gli ebrei

In una lettera a Max Brod del gennaio 1918 Kafka usa il termine di westjüdische Zeit per significare la situazione umana e morale degli ebrei di lingua tedesca, e in particolare degli ebrei di Praga, in un momento della storia della cultura e della società mitteleuropea che comprende i primi decenni del Novecento. Questa nozione di “età ebraico-occidentale” rappresenta l'unica categoria storica che lo scrittore abbia consapevolmente impiegato. Essa fu per lui il principale strumento di interpretazione della propria esperienza letteraria e, forse, la sola possibile legittimazione del suo diritto di rappresentare, come si legge in un notissimo passo dei quaderni di Zürau, “tutta la negatività del proprio tempo”. Lo fa pensare una lettera del 1920 a Milena Jesenská nella quale Kafka scrive: “Io ho una particolarità che mi distingue nettamente, in modo non sostanziale ma graduale, da tutti i miei conoscenti. Sia tu che io conosciamo moltissimi esemplari caratteristici di ebrei occidentali, io sono, per quanto ne so, il più occidentale di tutti loro, ciò significa, per dirla con una iperbole, che non mi si regala un minuto di quiete, bisogna che mi guadagni tutto, non solo il presente e il futuro, ma anche il passato, una cosa, questa, che tutti forse hanno avuto subito in dote, persino questo io devo guadagnarmelo. E questa è forse la fatica più grande perché se la terra gira su se stessa verso destra – ma non so se poi sia così – io dovrei girarmi verso sinistra per riprendere il passato. Ora, io non ho la minima forza di fare, come sarebbe mio dovere, tutte queste cose, non posso portare il mondo sulle spalle, ci sopporto a malapena il cappotto d'inverno”. Questo passo è di notevole importanza per la determinazione dell'identità letteraria dello scrittore. Esso dimostra innanzi tutto che Kafka, nel dichiararsi il più occidentale degli ebrei occidentali, afferma anche di rappresentare in modo legittimo una generazione di ebrei di lingua tedesca nati negli anni Ottanta del secolo scorso. Il passo inoltre definisce i termini etici ed esistenziali della westjudische Zeit secondo le categorie del cultursionismo mitteleuropeo: l'ebreo occidentale, l'uomo senza radici, senza memoria e senza tradizioni, ha il dovere di ricostituire in se stesso l'unità del tempo storico ritrovando il passato della cultura nazionale ebraica.

Giuliano Baioni, Kafka: letteratura ed ebraismo, Einaudi, Torino 1984, pp. 3-4.