Il canto e il dolore di vivere: Billie Holiday

Di umili origini, violentata all'età di dieci anni, Billie Holiday, nome d'arte di Eleonora Fagan (Baltimora 1915 - New York 1959), venne rinchiusa in riformatorio, da cui uscì prostituta bambina. Per caso divenne cantante, scritturata quindicenne al Jerry Preston's di Harlem: incise i primi dischi di valore col pianista T. Wilson (1935). Fu poi con l'orchestra di C. Basie e con quella bianca di A. Shaw. Incise molto e con i più grandi jazzisti; il tragico Strange Fruit (1944) suscitò scandalo per l'argomento (gli "strani frutti" cantati erano i cadaveri dei neri impiccati agli alberi della loro terra) e fu vietato in alcuni paesi. Recitò nel film New Orleans (1946) con L. Armstrong.

Dedita all'alcol e agli stupefacenti, venne arrestata e reclusa per un anno, dal 1947 al 1948. Lo stupro subìto da bambina ne aveva marchiato e violentato per sempre l'esistenza, una vita che la droga condusse alla fine: la voce dolentemente tremula divenne più raschiante, il suo canto sensitivo sempre più amaro e artificioso. Pur non essendo cantante prevalentemente di blues, da molta critica jazzistica è stata avvicinata a Bessie Smith, in quanto erede della musica del ghetto nero e per l'esistenza penosa e tormentata. Scrisse un'autobiografia, Bitter Crop ("amaro raccolto", dal testo di Strange Fruit), titolata invece dall'editore La Signora canta il blues (1956), da cui fu tratto un film (1973). Tra le sue incisioni: My Man, Miss Brown to You, He Ain't Got Rhythm, Fine and Mellow, Ghost of Yesterday, Some Other Spring.