Louis Armstrong, il primo "classico" del jazz

Di famiglia nera povera, Louis Daniel, detto Satchmo, Armstrong (New Orleans 1901 - New York 1971) si avvicinò al jazz nella parte nera di Storyville, il quartiere a luci rosse dove si guadagnava la vita facendo il fattorino nei postriboli. Ebbe lezioni di cornetta a 12 anni, in riformatorio, e dopo esserne uscito intensificò i contatti con i musicisti più famosi. Benché la cultura creola, più elaborata di quella nera, avesse contribuito a diffondere una certa educazione musicale fra i migliori jazzmen di New Orleans, nel 1918 Louis Armstrong non sapeva ancora leggere la musica. Sembra che avesse cominciato a decifrare il linguaggio delle partiture solo a partire dal novembre di quell'anno, in ciò stimolato dal suo lavoro sui riverboats, i famosi battelli che percorrevano il Mississippi, sia per brevi escursioni, sia per lunghi viaggi. Conclusa questa esperienza nel settembre del 1921, Armstrong venne assunto nella Creole Jazz Band di Oliver, con cui incise, nel 1923, dischi nei quali già rivela uno stile di prorompente forza, meno distillato di quello del maestro, con cui intreccia sublimi dialoghi. All'interno dell'orchestra, culmine dello stile di New Orleans, Armstrong assumeva un ruolo singolare all'ombra di Oliver: interveniva con breaks (brevi interventi solistici) e sporadici controcanti non appena la frase della prima cornetta fosse risultata troppo semplice o breve.

Nel giugno del 1924 avvenne una svolta decisiva: Armstrong lasciò Oliver per l'orchestra di Ollie Powers, in cui lavorò finché non ricevette un'offerta dal tanto ammirato Fletcher Henderson.

Il solista e le sue formazioni

Recatosi a New York, Armstrong entrò nell'orchestra di F. Henderson, ancora ferma a un rigido stile da ballo, e con i suoi assolo esplosivi la costrinse a rinnovarsi a fondo, inventando un modo più individualistico di fare jazz. Aprendo la via al jazz solistico (a differenza del carattere prevalentemente polifonico del New Orleans), la sua tromba acquistava nitidezza, le sue esecuzioni, nell'apparente semplicità, erano cariche di intuizioni e soluzioni. Memorabili pure i meditati accompagnamenti a cantanti di blues come Bessie Smith. Tornato a Chicago (1925), Armstrong si inserì pienamente nel mondo dello spettacolo e della vita notturna e incise i suoi capolavori con piccoli complessi sotto il suo nome, come gli Hot Five e gli Hot Seven.

Si delineò in questo periodo una duplice caratteristica di Armstrong, che dal punto di vista creativo rifuggiva dal passato e dal folclore, mentre al tempo stesso recuperava il senso delle proprie radici, poiché aveva intuito che avrebbe potuto conquistare il favore e l'entusiasmo degli spettatori. La sua genialità melodica, la versatilità inesauribile lo hanno mantenuto sempre modernissimo nella lunga carriera volta a interpretare e reinterpretare continuamente la classicità. Due tournée in Europa (1932-34) e alcuni film ne sancirono la popolarità mondiale. Nel 1947 formò il gruppo degli All Stars, con il quale compì lunghe tournée.

Nelle sue esecuzioni Armstrong intervenne spesso anche con il canto: la sua voce curiosamente roca e "impastata" ma con una straordinaria vena ritmica lo caratterizza forse come il più grande cantante di jazz.