Il blues

Verso il 1830 i bianchi scoprirono la musica nera: venne di moda il minstrel show, spettacolo in cui bianchi truccati da neri snocciolavano in modo grottesco scenette, canzoni e balli; un primo, lieve influsso nero si insinuava così nella musica bianca. L'unico compositore colto a ispirarsi ai neri fu il pianista e compositore Louis Moreau Gottschalk (New Orleans 1829 - Tijuca, Rio de Janeiro 1869), le cui pagine contengono vividi preannunci del jazz.

Dopo l'emancipazione (1865), la musica nera esplose: gli artisti neri irruppero nel minstrel show dandogli nuova linfa (J. Bland); si distinsero corali nere che eseguivano trascrizioni colte di spiritual e compositori e concertisti neri (J. Postlewaite, B. Tom, B. Boone, J. Douglass). Ma la reazione razzista ricacciò i neri, borghesi e proletari, nel ghetto: non liberi artisti, ma giullari dell'uomo bianco. La loro musica poté così circolare solo in bettole, bordelli, o in ambiti "minori" come la banda.

Le origini del blues

Nel suo famoso libro Il popolo del blues, LeRoi Jones afferma che il blues nacque nel momento in cui gli schiavi africani compresero di essere neri americani, e precisamente quando adottarono un nuovo linguaggio che si ergeva contro la loro situazione: il "Aw Lord, Im tired o'dis here mess" ("Oh Signore, sono stanco di questo disordine") è una verità poetica, una realtà, una presa di coscienza. Il blues poté nascere solo quando vi furono le condizioni minime per l'azione.

La fine della guerra di secessione (1861-65) portò all'affrancamento dalla schiavitù e, anche se le condizioni economiche non migliorarono, perlomeno lo schiavo ebbe per la prima volta la possibilità di stare solo e di muoversi. Nel 1870 migliaia di lavoratori neri vagabondavano per il Sud senza fissa dimora: il canto di lavoro e le altre espressioni musicali del tempo della schiavitù divennero inadeguate a descrivere la nuova situazione, certo più ricca, anche se ancora durissima sul piano pratico. Perciò si è soliti fissare la nascita del blues alla fine dell'Ottocento, quando gli ex schiavi neri, che avevano sempre lavorato in squadra e cantato in coro, diventarono contadini in piccoli appezzamenti isolati.

La forma

Il blues è un canto improvvisato nella linea melodica o nel testo, entrambi creati attingendo a un formulario tradizionale. Vi è sempre accompagnamento strumentale, a opera del cantore (in origine con banjo, poi con chitarra o pianoforte) o di altri. Da semplice grido modulato, il blues si trasformò presto in raffinato genere di arte folk, dominato da riconosciuti specialisti, spesso cantori ciechi ambulanti che vivevano di carità (blues rurale). Ai primi del Novecento l'industrializzazione attirò migliaia di neri verso le città del Nord e le fabbriche; il blues fu allora "scoperto" dall'industria della musica, pubblicato a stampa (1911) e su disco e trasformato in genere teatrale cantato da donne (blues urbano). Il testo tratta di vicende spesso negative (amore deluso, abbandono, carcere, morte, disastri naturali, fame), procedendo per salti logici e liberi accostamenti. Nella sua forma più comune, ogni strofa ha tre versi, di cui due simili (AAB), e occupa 12 battute di musica; ma esistono molte altre forme e nei blues più arcaici la lunghezza è irregolare. L'accompagnamento ha carattere di "botta e risposta" con il canto. Adattato per strumenti, il blues confluì nel jazz, a cui regalò la forma a 12 battute sulla quale i jazzisti improvvisarono per decenni.