La musica inglese dai virginalisti a Purcell

In Inghilterra, tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, conobbe un momento di splendore il virginale, strumento affine alla spinetta, di cui rappresenta una variante. Tutti i più noti compositori si dedicarono perciò attivamente anche alla musica per tastiera, formando una cerchia passata nella storia della musica con la denominazione di "virginalisti inglesi" (da W. Byrd a T. Morley, da G. Farnaby a P. Philips, da J. Bull a O. Gibbson). La raccolta delle loro composizioni, nota come Fitzwilliam Virginal Book, e numerose altre compilate in quei tempi e comprendenti un gran numero di pezzi per virginale nelle forme più varie (variazioni, fantasie, trascrizioni di pezzi vocali ecc.), è la testimonianza efficace di un'assoluta originalità nella scrittura per tastiera, destinata a influenzare ampiamente la produzione contemporanea e successiva nell'Europa settentrionale.

Durante il successivo regno degli Stuart e la repubblica puritana di O. Cromwell, la musica inglese decadde e scomparvero la tradizione polifonica e i valori originali in ambito strumentale. Verso la metà del Seicento cominciò a diffondersi il masque, prima forma di opera inglese presto condizionata, tuttavia, dall'allora imperante stile operistico italiano. Furono attivi in quel tempo musicisti come H. Lawes, M. Locke e, su tutti, J. Blow, la cui opera Venus and Adonis segnò l'inizio di una breve ma folgorante rinascita musicale, dominata alla fine del Seicento dalla grande figura di H. Purcell: quest'ultimo operò una sintesi felicissima fra stile strumentale italiano, melodramma francese e tradizione inglese e realizzò, con Dido and Aeneas, il capolavoro della sua arte e di tutta l'opera inglese.

Henry Purcell

Henry Purcell (Londra 1659-1695) apparteneva a una famiglia di musicisti; si formò e fu prevalentemente attivo nell'ambito della cappella reale londinese nel periodo della restaurazione: da ragazzo vi fu corista, nel 1677 divenne compositore per l'orchestra d'archi del re, nel 1679 organista nell'abbazia di Westminster e nel 1682 anche della cappella reale, nel 1683 sovrintendente agli strumenti del re e nel 1685 clavicembalista della "musica privata" del nuovo re Giacomo II.

Saldamente radicata nella tradizione rinascimentale e barocca inglese, l'esperienza compositiva di Purcell risente chiaramente dell'influsso della musica italiana e francese contemporanea e fonde tutte queste componenti in una produzione di straordinaria ricchezza e originalità, che non trovano riscontro nell'Inghilterra del suo tempo e ne fanno uno dei maggiori protagonisti del barocco europeo. Nella sua prima produzione si nota un rilevante interesse per la musica strumentale: agli anni giovanili risalgono le 15 Fantasie per viole (circa 1678-80), che, riprendendo genialmente un genere tipicamente inglese, rivelano un eccezionale magistero contrappuntistico, elemento caratteristico dello stile di Purcell. Nel 1683 furono pubblicate le 12 Sonate a tre, improntate invece a modelli italiani (senza data sono altre 10 Sonate a quattro, che comprendono, fra l'altro, una magistrale Ciaccona).

Gli ultimi anni dell'attività di Purcell furono essenzialmente dedicati alla musica teatrale: a eccezione di Dido and Aeneas, vera e propria opera, anche se breve e scritta per una rappresentazione privata (1689), si tratta di musiche di scena, destinate a costituire una parte più o meno rilevante, da un punto di vista quantitativo, di uno spettacolo teatrale (dove le parti dei protagonisti erano comunque affidate alla sola recitazione e dove aveva rilevante peso anche il fasto scenografico). Accanto agli oltre quaranta lavori, per i quali Purcell scrisse musiche di scena, occupano un posto particolare, per il rilievo che vi assume la parte musicale, le opere The Prophetess, or the History of Dioclesian (1690), King Arthur (1691), The Fairy Queen (1692), The Indian Queen (1695) e The Tempest (1695). Sono lavori che, insieme a Dido and Aeneas, rivelano la ricchezza fantastica e le capacità di individuazione drammatica di Purcell.

Le sue singolari attitudini alla musica vocale sono testimoniate dalla popolarità di cui godettero a lungo i songs (105), i duetti (43), i catches (57); ma molto significativa è anche la copiosa produzione di odi (25 pezzi celebrativi per varie ricorrenze di corte), cantate (10), anthems (68) e altra musica sacra.