Bizet: lo scandalo del realismo

Formatosi in un ambiente familiare legato alla pratica musicale, Georges Bizet (Parigi 1838 - Bougival, Parigi 1875) rivelò un talento precoce. Prese lezioni di pianoforte da A.-F. Marmontel e nel 1848 entrò al conservatorio di Parigi. Dal 1853 studiò con J. Halévy; nel 1857 vinse il Prix de Rome e si recò in Italia, dove rimase tre anni e compose, fra l'altro, l'opera buffa italianeggiante Don Procopio. Al ritorno a Parigi, decise di dedicarsi alla composizione, ma affermarsi nell'ambiente del teatro musicale non fu facile e non gli riuscì mai in modo definitivo. Spesso afflitto da crisi di sfiducia e depressione, ci ha lasciato 7 opere e una musica di scena: gli altri suoi lavori per il teatro sono incompiuti, distrutti o perduti. La prima, completa rivelazione del suo genio, Carmen, conobbe alla prima rappresentazione (3 marzo 1875) un grave insuccesso: tre mesi dopo, Bizet morì improvvisamente, in circostanze non del tutto chiarite (alcuni pensano a un suicidio), senza quindi poter assistere al trionfo che il suo capolavoro ottenne, invece, a Vienna poco tempo dopo.

La produzione

Bizet compose anche una quarantina di liriche da camera, alcune opere sinfoniche (va ricordata soprattutto la giovanile Sinfonia in do maggiore, 1855, in cui gli evidenti influssi di W.A. Mozart e F. Mendelssohn sono assimilati in una sintesi di luminosa e fluida freschezza) e i deliziosi quadretti dei Jeux d'enfants, 12 pezzi per pianoforte a quattro mani (1871), in parte trascritti per orchestra.

Delle opere teatrali, i primi lavori buffi presentano scarso interesse, mentre I pescatori di perle (1863) rivela accenti più personali: quest'opera ebbe scarso successo e ricevette poco verosimili accuse di wagnerismo (poi ripetute a proposito di Carmen). Poco riuscite sono pure le opere successive: La bella fanciulla di Perth (1866) e Djamileh (1871), il cui interesse appare limitato ad alcuni brani.

"L'Arlesiana" e "Carmen"

Nella loro straordinaria libertà inventiva, le musiche di scena per L'Arlesiana di A. Daudet (1872) sono, invece, vigorosamente caratterizzate e aderiscono efficacemente al dramma: si preannuncia così, nell'incisività degli accenti e nella stessa vicenda, imperniata su un amore fatale, la grandezza di Carmen.

La Carmen, composta nel 1873-74, segnò veramente una data e una svolta nella storia dell'opéra-comique.

La crudezza drammatica della vicenda, la rappresentazione della morte in scena, l'aver conferito tragica grandezza a una semplice gitana costituirono i motivi determinanti dell'insuccesso dell'opera: in virtù anche dell'interpretazione marcatamente realistica di C. Galli-Marié, essa fu giudicata scandalosa e immorale. Quanto vi era di accademico e convenzionale, di superficialmente elegante o dolciastro nella tradizione di F.A. Boïeldieu e C. Gounod, veniva spazzato via dal segno nitido, preciso, a volte tagliente, della scrittura di Bizet, che non esitò ad assimilare componenti operettistiche in funzione di una lucida caratterizzazione realistica.