Bartók e Kodály: tradizione popolare ed etnomusicologia

A B. Bartók e a Z. Kodály spetta il merito di aver rivelato nei primi anni del XX secolo, attraverso un sistematico lavoro di raccolta e di analisi, le reali caratteristiche della più autentica cultura musicale popolare ungherese. Questa si compone in prevalenza di brani vocali senza accompagnamento, sia monodici, sia polifonici, con spiccate strutture modali e riferimento a modelli melodici fissi; il ritmo è mobilissimo e si distingue in due grandi categorie, la prima delle quali fa riferimento a schemi di danza e di marcia, la seconda si modella sugli schemi del parlato.

 

Béla Bartók

Béla Bartók (Nagyszentmiklós, oggi Sînnicolau-Mare, 1881 - New York 1945) fu avviato agli studi pianistici dalla madre e seguì i corsi di composizione prima a Bratislava, con L. Erkel (1893), poi all'Accademia Nazionale di Musica di Budapest (1899-1903). Iniziò un'intensa attività concertistica, che lo avrebbe visto proporsi in patria e all'estero sia come solista, sia in duo con la seconda moglie, Ditta Pásztory (1903-1982), anch'ella pianista, e con il violinista J. Szigeti. Insegnante di pianoforte all'accademia di Budapest dal 1907, sotto la spinta di Z. Kodály cominciò a interessarsi al folclore contadino, alternando al concertismo e alla composizione frequenti viaggi intrapresi allo scopo di raccogliere canti popolari, dapprima solo ungheresi e balcanici, successivamente anche turchi e arabi (il 1913 lo vide, fra l'altro, spingersi fino in Africa settentrionale, nell'oasi di Biskra). Dopo la prima guerra mondiale aderì alla breve esperienza di governo popolare di B. Kun (1919), facendo parte del direttorio musicale. Lasciato l'insegnamento nel 1934, nel 1940 abbandonò l'Ungheria, caduta nell'area di influenza hitleriana, trovando rifugio negli Stati Uniti, dove alternò l'attività di docente presso la Columbia University di New York a sporadiche apparizioni come concertista; morì, in precarie condizioni finanziarie, nel 1945, pochi mesi dopo la fine della guerra.

 

L'opera di Bartók

La produzione musicale di Bartók, inizialmente debitrice nei confronti dei modelli tardo-ottocenteschi (soprattutto J. Brahms e F. Liszt, sui quali il compositore si era formato) e dell'esperienza di R. Strauss (la cui influenza è palese nella Sinfonia Kossuth, 1903), a partire dal 1907 si caratterizzò in modo assolutamente originale. L'assimilazione del patrimonio popolare e della musica contemporanea, in particolar modo francese, e la scoperta della modalità si rivelano specialmente nella musica da camera e per pianoforte: se il primo dei 6 Quartetti (l'op. 7 del 1908) si presenta come riflessione personale sull'ultimo stile beethoveniano, l'Allegro barbaro (1911) e la Suite op. 14 (1916) impongono un pianismo percussivo e ritmicamente ossessivo e una condotta armonica e timbrica assolutamente originale.

Intanto, l'avvicinamento al teatro, avviatosi con l'opera in un atto Il castello del principe Barbablù (composta nel 1911, rappresentata nel 1918), condusse Bartók alla massima proiezione verso la violenza espressionista con la pantomima Il mandarino meraviglioso (composta nel 1918-19, rappresentata nel 1926).

Dopo qualche anno di silenzio, il ritorno alla produzione musicale vide il susseguirsi di capolavori quali i Quartetti nn. 3-6 (1927, 1928, 1934, 1939), i primi due Concerti per pianoforte e orchestra (1926, 1930-31), la Musica per archi, percussione e celesta (1936), la Sonata per due pianoforti e percussione (1937), il Concerto per violino e orchestra (1937-38), il Divertimento per archi (1939), fino alle ultime composizioni americane, il Concerto per orchestra (1943), il terzo Concerto per pianoforte e orchestra e quello per viola, rimasti entrambi incompiuti (e completati poi da T. Serly).

Non può essere dimenticata la fondamentale opera didattica, rappresentata in particolar modo dalle raccolte Per bambini (1908-09, revisione 1945) e Mikrokosmos (6 quaderni, 1926-1939), tese, oltre che a fornire un graduale addestramento tecnico, ad avvicinare i bambini all'autenticità e all'originalità stilistico-espressiva del patrimonio popolare: prova, ancora una volta, di quel profondo senso della socialità e di quell'accostarsi non paternalistico al mondo contadino che furono, insieme alla capacità di rielaborazione personale delle più diverse esperienze musicali e al desiderio di un rinnovamento continuo, la base di scelte umane e artistiche sempre coerenti.

 

Zoltán Kodály

Compiuti gli studi superiori al conservatorio di Budapest, Zoltán Kodály (Kecskemét 1882 - Budapest 1967) si laureò nel 1906 anche in lingua e letteratura ungherese e tedesca con una tesi sulla Struttura strofica della canzone popolare ungherese. Si perfezionò poi a Berlino e a Parigi, dove conobbe la musica di C. Debussy, che dopo la musica popolare ungherese esercitò il maggiore influsso sul suo esordio di compositore. Dal 1905 si dedicò, per circa vent'anni, alla raccolta della musica popolare ungherese, dapprima da solo e dal 1906 in compagnia di B. Bartók (nella sua ode a Bartók il poeta G. Illyés li chiama "i due grandi gemelli"). Frutto di tale attività è soprattutto la monumentale elaborazione scientifica Corpus Musicae Popularis Hungaricae, pubblicata dall'Accademia d'Ungheria (8 volumi, 1951-73).

Come compositore Kodály esordì con pezzi pianistici e, insieme con Bartók, con l'edizione di Venti canti popolari ungheresi (1906) per voce e pianoforte, armonizzati in un contesto non già tonale, ma pentatonico e modale. Analoghi criteri di composizione Kodály seguì anche nei suoi pezzi orchestrali e corali a più largo respiro, come lo Psalmus Hungaricus, per tenore, coro misto e orchestra, scritto per il 50° anniversario della riunione di Pest a Buda (1923), il Singspiel Háry János (1926), il Te Deum di Budavár, le Danze di Marosszék (1930), le Danze di Galánta (1934), le Variazioni su un canto popolare (dette anche le Variazioni del pavone, 1938-39), La ballata di Cinka Panna (1948), la Sinfonia (1962). Gli si devono anche l'opera La filanda magiara (1932), numerose composizioni di musica da camera (fra cui 2 quartetti, opp. 2 e 10, una sonata per violoncello op. 8, un duo per violino e violoncello op. 7) e soprattutto di musica corale.

Fautore della diffusione dell'educazione musicale, Kodály cercò di allargarne gli orizzonti, facendola iniziare nella scuola materna e nella scuola elementare, ricercando il passato musicale comune dei popoli ugrofinnici, spostando la cultura musicale ungherese, prevalentemente monodica, verso la coralità. Fondamento dell'insegnamento kodalyano della musica corale sono i quattro fascicoli delle Bicinia Hungarica (1937-42).