Il pragmatismo americano: Dewey

Il filosofo e pedagogista statunitense John Dewey (1859-1952), può essere a ragione considerato uno di maggiori pensatori e innovatori in campo pedagogico del Novecento.

Conoscere equivale ad agire

Dal punto di vista filosofico, Dewey ritiene che la realtà non ha struttura e fini rigidamente fissati e immutabili, ma è interazione o, per usare un termine caro all'autore stesso, è “transazione” tra uomo e natura, che in tale rapporto si costituiscono e si determinano. L'esperienza è il luogo di questo incontro, dove la dimensione logica si fonde con quella pratica. Scrive Dewey in Esperienza e natura: “Intendiamo per esperienza qualcosa che sia vasto, profondo e pieno almeno quanto tutta la storia su questa terra... Quando correliamo l'esperienza alla storia piuttosto che alla filosofia delle sensazioni, indichiamo che la storia denota insieme le condizioni oggettive, le forze, gli eventi, la registrazione e la valutazione di questi eventi fatte dall'uomo”. Conoscere equivale ad agire per mutare una situazione indeterminata e incerta in un sistema ordinato, garante di maggiore sicurezza e stabilità: l'indagine regola tale trasformazione e la teoria anticipa le operazioni sulle condizioni esistenti e sarà vera se restaurerà quell'equilibrio, la cui frattura ha fatto nascere il problema e la ricerca.

Dal punto di vista etico, l'autore nega la distinzione tra fini e mezzi: l'uomo non ha un fine ultimo, ma trova soddisfazione solo nella continua attività, libera e intelligente. “Non c'è nessun modello a priori per determinare il valore di una soluzione proposta in casi concreti” sostiene Dewey nella sua Teoria della valutazione, perché i fini vengono giudicati dagli effetti che producono.

Una pedagogia democratica

Come l'intelligenza ha il compito di riorganizzare senza posa l'esperienza così l'educazione, vista come il “supremo interesse umano” e la “suprema funzione della società”, svolge la medesima funzione nell'avvicendamento delle generazioni, consentendo così sia la continuità, sia il cambiamento. La definizione di educazione elaborata da Dewey è alla base del movimento americano per l'educazione progressista: “ricostruzione e riorganizzazione dell'esperienza che accresce il significato dell'esperienza stessa e aumenta l'abilità di dirigere il corso dell'esperienza stessa”.

Nessun modello determinato o esterno deve essere prescritto, il criterio pedagogico del buon educatore consiste nel verificare se l'apprendimento o l'intervento favoriscono altri apprendimenti e quindi ulteriore educazione.

Forte la critica dell'autore nei confronti delle scuole nozionistiche, verbalistiche, libresche e ripetitive, che lui contrappone a una scuola pubblica e aperta, democratica e libertaria, collegata con la vita quotidiana, socializzante e individualizzata.

Nel proporre un metodo strutturato per “progetti” intende recuperare l'interesse e la motivazione degli studenti senza sopprimere lo sforzo, per non cadere nel facilismo in cui finiscono le scuole che seguono solo superficialmente la critica a un insegnamento tradizionale. Uno sforzo ben motivato costituisce l'essenza di quel processo di riorganizzazione dell'esperienza volto al superamento dei problemi tramite la ricerca, che è poi il cammino stesso dell'intelligenza. La scuola (e in questo si distingue la scuola progressista proposta da Dewey dalle scuole attive che si stavano diffondendo in quegli anni) deve dunque proporre al giovane situazioni problematiche reali per favorirne lo sviluppo e l'impiego intelligente del pensiero.

Educazione come esperienza tra continuità e interazione

Apparirà ormai chiaro che per Dewey l'educazione viene a coincidere con l'esperienza, e si connota quindi come un processo interattivo tra l'individuo e l'ambiente in cui esso è inserito. Ma siccome risulta altresì ovvio che non tutte le esperienze possono dirsi educative, cosa fa di un'esperienza particolare un'esperienza educativa?

Dewey postula che per essere educativa, e vantare dunque un valore pedagogico, un'esperienza debba avere le caratteristiche della continuità e dell'interazione.

La continuità si riferisce al fatto che l'educazione del giovane non deve essere limitata all'ambito scolastico ma deve continuare in senso orizzontale in tutti gli ambienti di vita del giovane: in famiglia, con gli amici, nei suoi rapporti con l'ambiente sociale in genere... Lo sviluppo viene pertanto concepito dall'autore americano come un processo integrale, che necessita quindi una notevole apertura mentale, dilatazione degli interessi in modo da poter associare sempre nuovi significati costruttivi all'esperienza.

L'interazione, invece, sottolinea l'importanza del legame tra l'individuo (psicologia) e l'ambiente (sociologia): l'educazione si pone quindi come mediazione tra la dimensione psicologica e quella sociologica ponendosi come processo interattivo volto a fondere in maniera armonica i due processi.

I due principi di continuità e interazione si pongono come non separabili e si giustificano si arricchiscono l'un l'altro.