La pedagogia nel 2000: Jerome Bruner

Lo psicologo statunitense J.S. Bruner (1915), parte dall'ipotesi che sia la cultura a formare la nostra impostazione mentale, fornendoci gli strumenti necessari a organizzare e comprendere il mondo, e che quindi la mente stessa non potrebbe esistere senza una cultura di riferimento; ritiene perciò che l'apprendimento dei bambini vada concepito come culturalmente contestualizzato. I bambini si muoverebbero dunque all'interno di format (intesi come insieme di procedure comunicative che permettono al bambino e ai suoi partner scambi finalizzati e intenzionali) che andrebbero a formare contesti interattivi tali da permettere l'apprendimento. Studiando la comunicazione infantile Bruner arriva a definire i bambini come esseri socialmente competenti, in grado di stabilire precocemente relazioni, negoziazioni ed elaborazioni cognitive. Queste ultime sono facilitate dall'impiego di frame (struttura che ordina, dà significato e permette la memorizzazione di un'esperienza) che aiutano il bambino a elaborare in modo significativo e comunicabile il suo rapporto con la realtà, e ad assimilare convenzioni. L'istruzione e l'educazione non dovranno quindi essere indirizzate a far acquisire competenze o conoscenze, ma a produrre una reale comprensione del mondo.

La proposta didattica

Questo tentativo di far convergere la struttura psicologica del soggetto che apprende con la struttura culturale in cui è inserito, delinea la proposta pedagogica di Bruner in un'ottica strutturalistica, pur distante da una visione come quella di Piaget.

Si è vista l'importanza che ha per Bruner nell'apprendimento il possesso da parte del bambino di strategie volte a organizzare il reale e/o il conosciuto. Esse non solo agevolano l'apprendimento del concetto cui sono propriamente collegate, ma permettono anche “transfer” tra ambiti diversi, consentendo al bambino non solo un apprendimento più efficace ma anche un migliore controllo dell'ambiente. Queste modalità cognitive spontanee nel bambino portano l'autore a ritenere imprescindibile nella didattica l'attenzione all'esperienza immediata degli alunni: essa viene vista come il punto di partenza ottimale su cui innestare l'intero processo di apprendimento, in modo da farlo sentire al bambino come più “vicino” a sé, rendendolo dunque più interessante e gratificante di per se stesso.

Interessante anche notare come la funzione di unificazione e strutturazione non giunge per Bruner al suo livello massimo nella simbolizzazione scientifica, in quanto oggettiva e condivisa. Essa, infatti, viene considerata solo come uno dei possibili sbocchi del processo cognitivo di organizzazione che però tralascia tutto quanto può esserci di soggettivo, affettivo e a volte anche irrazionale nel processo di organizzazione della conoscenza. Aspetti questi ultimi che per Bruner non devono essere lasciati in secondo piano, ma che si pongono come completamenti necessari dei processi più logici.