L'interazione sociale

Più volte ci siamo interrogati nei capitoli precedenti su quale fosse il compito dello psicologo. Ci siamo risposti che egli si propone di studiare, sotto diversi aspetti, la mente degli individui. Ma, come già sottolineato, gli uomini si distinguono anche per la peculiarità di “vivere socialmente”, di appartenere a dei gruppi. Gli individui scelgono e valutano il loro stare insieme agli altri sulla base dei vantaggi che questo comporta (in termini di gratificazione, piacevolezza, aiuto reciproco...) e dei costi richiesti (disponibilità e mettersi o essere messi in discussione, ricevere da chi sta vicino messaggi a volte confusi, essere feriti o ferire...). Le dinamiche che regolano il nostro stare in mezzo agli altri sono numerose e complesse, tanto che spesso noi stessi fatichiamo a capirne tutte le sfumature e ad orientarci in maniera “competente”. Gli psicologi sociali si propongono come scopo proprio quellodi studiare i legami sociali degli individui in tutta la loro complessità .

L'uomo come essere sociale

Una prima domanda che pare lecito porsi riguarda il motivo di questa tendenza dell'uomo alla socialità.

Parlando delle motivazioni psicologiche e del bisogno di affiliazione abbiamo sottolineato come atteggiamenti di attaccamento siano innati: questo perché fin dal momento della nascita l'uomo dipende da chi gli sta vicino per la sua sopravvivenza. È dunque logico ipotizzare che almeno alcune delle motivazioni sociali siano innate e motivate alla sopravvivenza della specie. Ma questa predisposizione non può che costituire un semplice punto di partenza: i legami sociali con cui gli individui si confrontano e interagiscono nel corso della loro vita adulta sono necessariamente più complessi, essendo arricchiti da fattori esperienziali e culturali.

Sarà quindi interessante riconsiderare i legami di attaccamento sviluppatisi sulla base del bisogno di affiliazione, precedentemente esaminati dal punto di vista del legame madre-bambino, nell'ottica dell'individuo adulto. Da questa prospettiva l'affiliazione viene a significare attaccamento reciproco, inteso come il bisogno, imprescindibile per ognuno di noi, di una qualche forma di contatto umano.

Le persone ricercano, come dicevamo sopra, la vicinanza degli altri per i motivi più svariati: come forma di stimolazione (per vincere la noia, per divertirsi, per non avvertire la solitudine...), come appoggio quando hanno bisogno di conferme o di approvazione, e via di seguito. Tali bisogni sono riconosciuti in maniera abbastanza intuitiva e pochi ricercatori hanno avvertito l'esigenza di pianificare ricerche per approfondirne le cause, che risultano implicite nel bisogno stesso.

Interessanti restano invece le ricerche di Schachter, che ha voluto indagare l'esistenza di un legame forte tra bisogno di affiliazione e ansia. Egli aveva infatti ipotizzato che come l'assenza di legami di tipo affiliativi produce ansia (si pensi ad esempio, ai detenuti in cella di isolamento), così, al contrario, in situazioni ansiogene la possibilità di avere vicino altre persone dovrebbe favorire un abbassamento del livello di ansia. In effetti capita spesso di notare come più persone in attesa di un avvenimento per loro stressante (in coda dal medico, aspettando di essere interrogati ad un esame universitario...) tendano a legare facilmente tra loro, cosa che succede molto più raramente in situazioni “neutre” (ad esempio, in coda al supermercato). Le ricerche di Schachter produssero effettivamente risultati nella direzione prevista dall'autore: egli con i suoi esperimenti arrivò ad evidenziare come situazioni d'ansia favoriscono il desiderio di affiliazione con persone che si trovano a vivere una situazione analoga. Ma l'ansia, come hanno evidenziato gli studi di Schachter, per creare affiliazione deve essere sufficientemente forte da far vedere gli altri come effettive fonti di aiuto o supporto: una lieve ansia viene accresciuta piuttosto che mitigata dalla vicinanza di altre persone. Gli altri vengono anche preferenzialmente evitati quando la fonte d'ansia coincide con la paura di essere in qualche modo ridicolizzati, perché in questo caso la presenza di terze persone produrrebbe ulteriore stress. Lo stare con gli altri in situazioni vissute come stressanti o ansiogene, ipotizza Schachter, è percepito come positivo sia perché gli altri, mostrandosi calmi e sicuri davanti alla situazione che preoccupa i soggetti possono avere un effetto calmante, sia anche perché confrontare i propri pensieri con altri che si pensa possano condividerli può essere un forte aiuto per chiarire anche a sé stessi l'oggetto dei propri timori.

L'attrazione interpersonale

A parte casi particolari come quelli su cui ci siamo appena soffermati, tendenzialmente ognuno di noi ricerca la compagnia delle persone con cui si trova meglio. Sulla base di quali criteri avvengono queste scelte? Da una parte abbiamo senz'altro la tendenza a scegliere persone che in un modo o nell'altro ci forniscono delle ricompense (sotto forma di aiuto, di comprensione, compagnia...), ma è indubitabile che esistano altre fonti di attrazione più “generali” e condivise, che stanno in un certo senso alla base delle altre più specifiche e personali, quali la vicinanza (noi abbiamo maggiori possibilità di conoscere e frequentare persone che vivono o lavorano vicino a noi, inoltre esse sono anche quelle che maggiormente si trovano ad esserci vicine quando ne abbiamo bisogno, per fornirci appoggio o anche solo per una chiacchierata amichevole. La familiarità, oltre ad essere una buona base per la nascita di un'attrazione fornisce anche maggiori occasioni per verificare i presupposti per l'instaurarsi di rapporti affettivi), la somiglianza (a livello intuitivo si è spesso tentati di credere al vecchio adagio secondo cui “gli opposti si attraggono”. In realtà è stato dimostrato che le persone tendono a preferire chi si trova nella loro stessa posizione demografica – dal punto di vista religioso, economico, sociale – , chi è simile a loro per personalità, e condivide i loro stessi atteggiamenti), l'attrazione fisica (la gradevolezza fisica risulta predittiva, almeno a livello superficiale, rispetto a un più alto fattore di gradevolezza percepito da coloro che la notano, soprattutto perché tanto peso è dato all'aspetto fisico nella nostra società. Il fatto poi che gli individui reagiscano prevalentemente in maniera positiva davanti alle persone dotate di un aspetto gradevole porterà queste ultime a sviluppare anche un carattere più socievole e una maggiore sicurezza, caratteristiche che a loro volta facilitano la nascita di rapporti interpersonali), e la reciprocità (siccome l'approvazione da parte degli appartenenti al nostro gruppo sociale di riferimento è una delle maggiori gratificazioni che possiamo ricevere dagli altri, si riscontra la forte tendenza a contraccambiare l'affetto che gli altri provano per noi, a meno che questo non sia in qualche modo percepito come falso, o se proviene da persone nei confronti della cui capacità discriminativa non proviamo particolare stima).

Uno dei legami più forti che può unirci agli altri è un vincolo d'amore. L'amore può avere diversi oggetti: si può amare la propria patria, i propri genitori, il proprio compagno. Ma è l'amore romantico quello a cui più spesso si fa riferimento quando si parla di amore. Gli psicologi sociali che si sono occupati di questo argomento definiscono l'amore come un sentimento più profondo e specifico rispetto al “piacersi”, che implica la tendenza a prendersi cura dell'altro, ed è nella maggioranza dei casi accompagnato da una componente di eccitazione sessuale. Le relazioni d'amore sono mediamente più intense e gratificanti dei rapporti amicali, ma anche il loro terminare è sentito e vissuto come molto più stressante; inoltre tali relazioni mediamente non procedono lungo una linea retta che porta dalla conoscenza all'innamoramento, all'amore, al matrimonio. Mediamente le relazioni romantiche sono caratterizzate da periodi conflittuali, allontanamento, riconciliazioni, mediazioni, confronti. È interessante notare come non solo le persone tendono ad avere più relazioni romantiche durante il corso della loro vita, ma che molti dei divorziati si risposino o trovino nuovi compagni dopo pochi anni: il che vuol dire che le persone continuano a credere nell'amore, anche quando ne hanno sperimentato personalmente il fallimento.