L'intensità dei terremoti

Un primo tentativo per indicare l'intensità di un terremoto si deve al sismologo e vulcanologo italiano G. Mercalli (1850-1914), che (1902) ideò una scala basata sull'osservazione degli effetti di un sisma su costruzioni, persone e ambiente, divisa in 10 gradi progressivi di gravità; gli effetti di un sisma vengono oggi riferiti alla scala Mercalli modificata, che comprende 12 gradi (tab. 15.1): il grado I corrisponde a scosse avvertite solo dai sismografi, senza danni a edifici o persone; il grado XII equivale, invece, a una grande catastrofe e alla distruzione totale delle costruzioni. A ogni località in cui è stato avvertito il sisma viene assegnato un grado di intensità, che risulterà massimo nella zona in corrispondenza all'epicentro e decrescente verso località più lontane. Sono state elaborate diverse scale Mercalli modificate, che tengono conto delle caratteristiche costruttive degli edifici in diverse aree: quella più utilizzata in Europa occidentale è la cosiddetta scala MCS (Mercalli- Cancani-Silberg).

La scala Mercalli modificata è di tipo empirico, basata sulla descrizione degli effetti, e risulta dunque uno strumento poco preciso e, soprattutto, non permette di confrontare tra loro le intensità reali dei terremoti. Per superare questa difficoltà è stata introdotta (1935) una scala "quantitativa", la scala Richter , dal nome del sismologo statunitense F. Richter (1900-1985), detta anche scala della magnitudo, poiché essa misura la magnitudo di un terremoto, cioè l'energia meccanica che si sprigiona dall'ipocentro. Per valutare l'intensità di un terremoto, Richter propose di misurare l'ampiezza delle onde sismiche generate da un terremoto e registrate dai sismografi.

Matematicamente, la magnitudo , M, è così definita:

M = log A/A0 = log A – log A0

dove A indica la massima ampiezza delle onde registrate da un sismogramma di un terremoto sconosciuto e A0 l'ampiezza massima delle onde generate da un terremoto scelto come riferimento (terremoto standard, cioè un terremoto che, su un sismografo posto a 100 km dall'epicentro, produce un sismogramma con ampiezza massima delle onde pari a 0,001 mm).

La scala Richter non è quindi suddivisa in gradi e non ha limiti né inferiori (se non quelli legati alla capacità di percezione dei sismografi), né superiori: in questo secolo la massima magnitudine misurata è stata pari a 8,5-9. Nota la magnitudo di un sisma, si può determinare l'energia, E (in erg), che esso ha liberato secondo la formula:

log E = 12 + 1,5 M

dove M è la magnitudo (dalla formula si deduce che l'aumento di 1 unità della magnitudo corrisponde a una liberazione di energia 30 volte maggiore).

La scala Richter permette di valutare con precisione anche l'intensità dei terremoti che si verificano in zone desertiche, o il cui epicentro è situato su fondali marini, cosa che sarebbe impossibile con la scala Mercalli (poiché in tali zone non si rilevano effetti su costruzioni e persone).

Non c'è corrispondenza fra intensità valutata con la scala Mercalli e magnitudo, poiché i terremoti superficiali che si verificano in zone densamente popolate possono produrre molti più danni di terremoti di uguale magnitudo che si verifichino in zone desertiche o con ipocentro profondo.