L'anomia

  • Introduzione

Introduzione

Il concetto di anomia (letteralmente, assenza di norme) è stato introdotto da Emile Durkheim nel 1893, nell'opera La divisione sociale del lavoro, per descrivere la situazione di disagio e profondo malessere che si verifica in una società qualora le norme sociali siano in conflitto, deboli o assenti. Già in Durkheim il termine presenta anche una dimensione soggettiva (Il suicidio, 1897): se da un lato l'anomia indica uno stato oggettivo connesso con un determinato contesto sociale, dall'altro lato essa si riferisce a una situazione psicologica di crisi, condizionata dal modo di essere del sistema sociale. In generale, dunque, il termine anomia connota uno stato di frustrazione e di mancanza di punti di riferimento e valori in cui possono trovarsi tanto gli individui quanto la società nel suo complesso. Ciò comporta una situazione di estrema gravità, sia per il soggetto, sia per la società, in cui viene a smarrirsi il legame tra individuo e collettività come conseguenza del venir meno degli elementi comuni, che consentivano l'unità del corpo sociale e del disorientamento dei singoli, che finiscono per trovarsi privi di qualsiasi orientamento e in balia dei propri stati soggettivi, con il conseguente disgregarsi del tessuto sociale.

Il fatto è che le norme sociali hanno una funzione di rilievo nel regolare la vita individuale: esse consentono infatti al singolo di sapere cosa gli altri si aspettano da lui, consentendogli, a sua volta, di formulare delle previsioni sul comportamento degli altri. Come vedremo nel paragrafo 6.6, già Durkheim, ma più recentemente Robert Merton, hanno elaborato una teoria secondo cui lo stato di anomia sarebbe una delle principali cause della devianza.