Perché le culture?

Le teorie ecologiche

Altri autori (come J. Steward, W.J. Bennett e M. Harris) preferiscono tentare di comprendere le diversità culturali sulla base dell'analisi delle richieste che l'ambiente (inteso come clima, territorio ecc.) pone ai vari raggruppamenti umani e sottolineano l'importanza delle tecniche elaborate dai singoli raggruppamenti umani al fine di garantire la sopravvivenza sociale all'interno di determinati habitat. Gli elementi culturali, insomma, andrebbero concepiti innanzi tutto come funzione adattiva a particolari condizioni ambientali che impongono al raggruppamento umano vincoli e possibilità. Per Steward, per esempio, "la necessità di guadagnarsi la vita in un dato ambiente, utilizzando congegni e metodi specifici per procurarsi, trasportare e preparare il cibo e altri beni essenziali, ha costituito un limite alla dispersione o al raggruppamento della popolazione e alla composizione degli insediamenti umani, influenzandone profondamente molte modalità di comportamento". Secondo questa prospettiva, il nomadismo tipico delle culture beduine, la limitatezza degli arredi delle loro dimore, l'abitudine a lavarsi di rado e utilizzando poca acqua, la stessa immagine del paradiso, concepito come luogo fresco dove scorrono acque e abbondano i frutti, sono direttamente riconducibili all'aridità del territorio in cui essi vivono, alla necessità di vagare di oasi in oasi alla ricerca di foraggio per gli animali e alla conseguente necessità di dimore facilmente smontabili e ricostruibili velocemente, prive dunque di ciò che non è strettamente necessario. Si comprende inoltre come una società nomade e dedita alla pastorizia abbia elaborato una religione in cui non sono presenti divinità marine o spiriti dei boschi, ma un dio pastore del gregge umano.