Società anziane ed esplosione demografica

Società anziane

Mentre molti paesi in Africa, Asia e America Latina si dibattono nei problemi relativi all'eccessiva giovinezza della popolazione e al suo aumento esponenziale, nei paesi occidentali si verifica un sempre maggiore aumento della percentuale di anziani rispetto alle altre fasce di età.

Per esempio, si pensi che in Gran Bretagna l'età media all'inizio del XX secolo si aggirava intorno ai 23 anni, settant'anni dopo era di 28 e vent'anni dopo si aggirava intorno ai 32, mentre secondo stime dovrebbe raggiungere i 35 anni per il 2000. Va precisato che all'interno di questi dati, stimati sulla base della media dell'età di tutti gli individui del paese, è compreso anche un notevole aumento del gruppo dei molto anziani, che si stima destinato ad aumentare ulteriormente. Altro fattore molto importante è rappresentato dalla durata della vita: negli anni '50 in Italia la vita media degli uomini era di 54 anni, mentre nel 1981 la durata media della vita è salita a 71 anni per gli uomini e a 78 anni per le donne. Il che ovviamente significa un notevole innalzamento del numero degli anziani rispetto al passato.

Come giustamente rilevato da Riley, a questa maggiore presenza quantitativa di anziani non corrisponde altrettanta considerazione nei loro confronti; nelle società attuali, infatti, il prestigio tradizionalmente attribuito agli anziani tende a venire meno, così come gli importanti compiti da essi esercitati nelle società premoderne. Nelle società odierne è dominante una mentalità giovanilistica, che vede appunto nella giovinezza e nei caratteri a essa relativi i modelli a cui aspirare. Nei confronti degli anziani si praticano invece delle forme di discriminazione, dal momento che essi non sono più ritenuti produttivi e l'esperienza da loro accumulata durante il corso della vita spesso è considerata obsoleta. Come si è già considerato al cap. 7, i sociologi utilizzano sempre più il termine ageism, che indica un atteggiamento discriminante nei confronti delle fasce di età anziane.

Va tuttavia rilevato che, man mano che aumenta il peso percentuale della popolazione anziana, cresce altresì l'attenzione verso gli anziani da parte della pubblicità che considerano tale segmento di pubblico come formato da possibili clienti (si pensi al grande mercato dei viaggi organizzati, a quello dei sanitari ecc.). Analoga attenzione verso l'elettorato anziano mostra il potere politico. A quest'ultimo proposito risulta particolarmente interessante il ruolo di gruppo di pressione esercitato dagli anziani negli Stati Uniti.

Il concetto di vecchiaia, considerata come fascia d'età composta da soggetti titolari di determinati diritti e obblighi, è tipico delle società moderne. Solo recentemente, infatti, e all'interno dei paesi più avanzati, si afferma il diritto al pensionamento e l'obbligo a non svolgere l'attività lavorativa oltre una certa soglia di età. Nelle società passate non esisteva nulla di simile: gli individui continuavano l'attività lavorativa finché ne avevano la forza e per il resto erano affidati all'assistenza dei figli. In realtà, data la brevità della vita dei ceti popolari, situazioni di assistenza prolungata erano piuttosto rare rispetto alla maggioranza della popolazione.

Una delle grandi conquiste del movimento operaio è stato il diritto alla pensione, cioè l'assicurazione del lavoratore di poter interrompere, raggiunta una certa età, l'attività lavorativa continuando a percepire una retribuzione. Ancora alla fine degli anni '20 del '900, in paesi di antica industrializzazione come la Gran Bretagna più della metà degli uomini oltre i 65 anni continuava l'attività lavorativa. Attualmente, seppure con retribuzioni e modalità differenti, la pensione di vecchiaia risulta un diritto acquisito da tutti i paesi sviluppati. In molti paesi l'età prevista per l'astensione obbligatoria dal lavoro varia a seconda che si tratti di lavoratori di sesso maschile o femminile (in Gran Bretagna, per esempio, si va dai 60 per le donne ai 65 per gli uomini), in altri questo periodo è diversificato a seconda della professione svolta (in Italia, per esempio, ancora oggi i professori universitari possono continuare a esercitare sino ai 72 anni), in altri ancora (è il caso degli Stati Uniti) l'età dell'astensione obbligatoria è stata abolita.

Se è vero che la pensione costituisce un grande segno di civiltà e un diritto irrinunciabile per ogni Stato che voglia attualmente dirsi civile, è altrettanto vero che alla pensione sono collegati diversi problemi di ordine psicologico, economico e sociale. Lasciare il proprio posto di lavoro implica spesso per il pensionato la perdita dei rapporti sociali che al posto di lavoro erano legati, il cambiamento di abitudini acquisite nel corso di una vita, la sensazione di essere inutili a se stessi e agli altri. Inoltre, all'interno di società che pongono il proprio valore fondamentale nel lavoro, il pensionamento comporta spesso una perdita di status e della relativa considerazione sociale. Spesso, infine, il tempo libero tanto atteso viene percepito dal pensionato come spazio vuoto da colmare e le conoscenze e abilità apprese durante il corso della vita sembrano non avere più alcuna utilità sociale.

Accanto a questi aspetti, per i pensionati spesso si aggiungono problemi di carattere economico: nonostante si registri la presenza anche di pensioni molto alte, sovente la loro entità economica è inferiore al reddito precedente; si verifica così che considerevoli percentuali di individui anziani vivano in condizioni prossime alla soglia di povertà.