Il linguaggio

L'estrinsecità e l'oggettività del linguaggio

Nel momento in cui un individuo esprime verbalmente qualcosa, questo qualcosa (che prima di essere espresso risultava interiore) assume una qualità e dimensione "esterna" che in origine non possedeva: diviene cioè una realtà partecipabile a più individui e dotata di vita propria, ormai indipendente dal soggetto stesso.

Il carattere di "oggettività" inerente alla comunicazione verbale umana si riferisce a due aspetti tra loro correlati. Da una parte si riferisce all'insieme di regole e forme che preesistono alla soggettività dei parlanti e in cui questi si trovano immersi, da qui il fatto che si possa parlare in modo scorretto o corretto. Dall'altra parte, esso si riferisce alla capacità propria della lingua di esternare e oggettivare il pensiero e le esperienze. Quando, infatti, il flusso dell'esperienza viene codificato nella parola, esso diviene qualcosa di statico e accessibile allo stesso soggetto anche col mutare dell'esperienza personale. L'esperienza diviene in qualche modo stabile e, tramite la parola, richiamabile alla mente e rapportabile ad altre esperienze. Il linguaggio ha il potere di oggettivare la realtà dal momento che esso consente di bloccare il fluire dell'esperienza in qualcosa di permanente e condivisibile dagli altri. Questo processo di oggettivazione, tipico del linguaggio, risulta particolarmente evidente nell'intelligenza infantile. Al riguardo Jean Piaget parla di realismo infantile, cioè dell'identificazione di parola e realtà. Un caso citato dallo stesso Piaget è quello di un bambino a cui era stato chiesto se il sole si sarebbe potuto chiamare in un altro modo. Il piccolo aveva con decisione negato questa possibilità e, sollecitato a dare una spiegazione, dopo un breve imbarazzo aveva risposto: "Beh, guardalo!".