L'Italia longobarda e l'origine del potere temporale della Chiesa

L'invasione longobarda

Nel 568 il re Alboino varcò le Alpi con circa 300.000 uomini e marciò sulla pianura Padana dove solo la città di Pavia riuscì a resistere per lungo tempo. Gran parte della popolazione padana fuggì verso il Veneto, andando a occupare le isole della laguna. Molti fuggirono lungo la costa, in città inattaccabili dai Longobardi che non possedevano una flotta. L'Italia viveva in quel tempo un periodo di pace dopo la riconquista giustinianea. La sede della capitale era stata portata a Ravenna, era stato esteso anche all'Italia il Corpus Iuris Civilis e la burocrazia bizantina aveva imposto pesanti tributi. In un primo tempo i Longobardi non formarono un Regno unitario; divisi in gruppi familiari (fare) comandati da duchi, spezzettarono il territorio in ducati il cui numero arrivò a 35. L'Italia settentrionale fu divisa in due parti: la Longobardia (da cui deriverà “Lombardia”), comprendente le terre conquistate dai Longobardi, e la Romània (da cui deriverà “Romagna”), cioè i territori rimasti ai Bizantini. I ducati maggiori furono quelli del Friuli, di Trento, di Spoleto e Benevento; molti Longobardi si stanziarono anche in piccoli centri o fondarono nuove città. Cacciata la burocrazia bizantina si impadronirono di terre e ridussero la popolazione romana a una condizione quasi servile. Alla morte di Alboino (572) e del suo successore Clefi (574), entrambi assassinati, ci fu un periodo di anarchia fino al 584 quando prese il potere Autari, che diede vita a un vero e proprio Regno. Per rafforzare il potere centrale, Autari si fece consegnare dai duchi la metà dei loro possessi e costituì un demanio regio che affidò a suoi funzionari (gastaldi). Ad Autari succedette Agilulfo (590-615) che ne sposò la vedova Teodolinda di religione cattolica e che si convertì a sua volta al Cattolicesimo seguito da gran parte della nobiltà longobarda.