Strutture produttive e demografia nel Medioevo

Introduzione

L'economia dell'età feudale fu essenzialmente rurale avendo il proprio centro nelle ville, aziende agrarie costituite da più poderi vicini. Ogni villa era gestita da un padrone che ne governava una parte con l'aiuto dei suoi servi, affidando la rimanente a coloni che gli pagavano un affitto in natura. I contadini non potevano abbandonare la terra che lavoravano, rimanendovi legati da padre in figlio, e furono detti per questo “servi della gleba” (cioè della terra). Verso la fine del X sec. e l'inizio dell'XI, la divisione dei ruoli sociali fu oggetto di una vera e propria elaborazione dottrinale e le funzioni specifiche alle tre caste degli ecclesiastici, dei signori laici e dei contadini furono considerate il riflesso sul piano sociale di quelle differenze di natura fra gli uomini che già i padri della Chiesa avevano distinto in pneumatici (o spirituali), psichici (in cui prevalgono le tendenze dell'anima), e ilici (in cui prevalgono gli impulsi del corpo). A partire dall'anno mille vi fu una rinascita della vita in generale, si intensificarono i traffici commerciali (notevoli in Italia quelli delle cosiddette repubbliche marinare), il potere passò dalle mani dei nobili a quelle della nascente classe media. In età comunale, i comuni versarono somme di denaro ingenti per affrancare i servi residenti, ottenendo di indebolire il latifondo e popolare le città. Nelle campagne iniziarono opere di bonifica e di dissodamento. Le strutture feudali si sgretolarono; si svilupparono nuovi ceti sociali (la cosiddetta borghesia), uomini di legge, mercanti, medici, piccoli artigiani che parteciparono alla vita politica. L'andamento demografico, per tre secoli, dal 1000 al 1300, andò crescendo, fermato solo dall'epidemia di peste del 1346 e in seguito dalla Guerra dei cento anni.