Darío, Rubén
Indicepseudonimo del poeta nicaraguese Félix Rubén García Sarmiento (Metapa 1867-León 1916). Insegnante, impiegato, giornalista, prima in patria e quindi nel Cile e in Argentina, venne in Europa come corrispondente de La Nación di Buenos Aires, nel 1892 e nel 1898, essendo già noto come poeta nuovo e ispirato. Poco dopo entrò nel servizio diplomatico e dai primi anni del sec. XX risiedette a Parigi, in qualità di console del Nicaragua; nel 1908 tornò in Spagna come ministro plenipotenziario. Lasciò definitivamente l'Europa nel 1914 per gli Stati Uniti, ma subito dopo, precocemente invecchiato per una vita di bohème e l'abuso degli alcolici, volle tornare a morire nella piccola patria centroamericana. Poeta e prosatore fecondissimo, cominciò a comporre versi ancora adolescente, nei modi romantici e vittorughiani. Ma ben presto gli esempi di taluni “premodernisti” ispano-americani (Martí, Gutiérrez, Nájera, Silva, Casal, Othón) e soprattutto la conoscenza della poesia francese, da Baudelaire a Verlaine e da Laforgue a Mallarmé, lo spinsero sulle vie del rinnovamento simbolista. Azul... (Azzurro), in versi e in prosa (1888), i poemi di Prosas profanas (1896; Prose profane) e i profili critico-lirici di Los raros (1896), quasi tutti dedicati a scrittori francesi, sono i testi capitali del primo modernismo di Ruben Dario, prossimo ai contenuti e ai ritmi dei parnassiani e di Verlaine – dal quale trasse soprattutto il dogma de la musique avant toute chose –, ma non privo di tratti originali. Valore ben più alto hanno però le opere della maturità, coincidenti col lungo soggiorno europeo, e in specie Cantos de vida y esperanza (1905; Canti di vita e di speranza), Canto errante (1907), Poema del otoño (1910) e Canto a la Argentina (1910), che determinarono il trionfo del “modernismo” nella poesia ispanica, di qua e di là dell'oceano. Superata felicemente la fase di scoperta e a volte banale imitazione francese, Dario vi si rivela autentico maestro della parola poetica e del ritmo, della melodia verbale e ideale fuse e dominate appieno, creatore inconfondibile di un mondo lirico proprio e coerente, pur nella varietà dei temi e dei metri. L'insanabile contrasto della carne e dello spirito, l'ansia di bellezza e di eternità, il timore della morte, l'affermazione di una coscienza ispano-americana nel mondo d'oggi – nelle grandi odi civili in esametri –, il libero gioco del sogno, del mito, della favola, il ritorno ai valori etici e religiosi, ecc. danno gli aspetti più vari alla tematica rubendariana; ma in tutti si afferma la forza di un autentico creatore di poesia. Pagine di valore duraturo, al di là della circostanzialità degli argomenti, si possono trovare anche nelle numerose raccolte di articoli giornalistici (España contemporánea, 1901; Peregrinaciones, 1901; La caravana pasa, 1902; Tierras solares, 1904), in qualche saggio autobiografico (Historia de mis libros, 1909; La vida de Rubén Darío escrita por el mismo, 1912) e nei meno felici tentativi En la isla de oro, El hombre de oro, El oro de Mallorca (1924-34). Assieme a J. R. Jiménez, A. Machado e M. de Unamuno, Dario diede l'avvio, con apporti decisivi, alla grande rinascita della poesia ispanica nel sec. XX.
Bibliografia
J. Ycaza, E. Zepeda, Estudio de la poética de Rubén Darío, Managua, 1967; E. Alvaredo, Rubén Darío y su obra poética, Montevideo, 1978; A. Salvador Jofre, Rubén Darío y su moral estética, Granada, 1986.