bromatologìa

sf. [dal greco brõma-atos, cibo+-logia]. Branca della chimica che si occupa dell'analisi dei prodotti alimentari onde determinarne le caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche. Grazie alla bromatologia è possibile studiare la genuinità dei cibi, oppure il tipo di adulterazione o sofisticazione che questi hanno subito. Le alterazioni che gli alimenti subiscono sono, di solito, di tre tipi: alterazioni spontanee, che dipendono da fattori ambientali che non favoriscono la conservazione delle derrate alimentari, quali l'umidità e la luce; alterazioni causate dall'aggiunta di additivi tossici (vedi adulterazione); alterazioni dovute alla variazione delle caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche dovute a trasformazioni a opera di microrganismi che variano sensibilmente la composizione iniziale del prodotto genuino. Si ricorda per inciso che non tutte le trasformazioni operate dai microrganismi sono dannose; infatti l'industria delle bevande alcoliche e dei derivati del latte si serve largamente dei processi fermentativi. Le analisi tendono a ricercare l'acqua, le materie grasse, le sostanze azotate, la cellulosa, le ceneri, le sostanze estrattive non azotate oltre a quei composti che sono peculiari per ciascun tipo di alimento. Oltre a queste analisi è necessario controllare il grado di inquinamento batteriologico degli alimenti (per esempio la ricerca di salmonelle); l'abbinamento fra la chimica e la microbiologia aiuta a inquadrare meglio tutte le caratteristiche dell'alimento in esame. Accanto a queste determinazioni ve ne sono altre che richiedono una tecnica di ricerca molto più affinata per identificare gli additivi eventualmente aggiunti: in tal senso la bromatologia è forse oggi il più potente mezzo che la collettività ha a disposizione per tutelarsi contro gli alimenti avariati o comunque non commestibili.

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