impalcatura

sf. [sec. XVI; da impalcare]. Traliccio provvisorio in legno o in metallo tubolare, detto anche, meno frequentemente, incastellatura, impiegato per sostenere gli operai e i materiali necessari alla costruzione, alla manutenzione o al restauro di un edificio, su ripiani praticabili costituiti da tavole, all'altezza del piano di lavoro. L'impalcatura generalmente poggia a terra e si innalza contemporaneamente all'edificio. Quella lignea, ormai poco usata, è costituita da antenne o candele sovrapposte, piazzate a ca. 1,50 m dalla facciata dell'edificio e collegate da travi orizzontali (traversini o correnti) ogni 2 m ca.; travicelli posti perpendicolarmente al muro sostengono i piani di lavoro (impalcati) formati da tavole (palanche). Le impalcature in tubolare metallico (diametri variabili tra 48 e 56 mm, lunghezze normalizzate), dette anche ponteggi, presentano grandi vantaggi di leggerezza, rapidità di montaggio e smontaggio e recupero integrale di tutto il materiale; le aste, componenti un sistema strutturale reticolare, sono collegate da giunti di norma costituiti da ganasce snodabili e serrabili da bulloni o apposite chiavi. Per particolari esigenze (manutenzione, restauri localizzati) le impalcature possono anche non poggiare sul terreno, ma sporgere a mensola dalla facciata o essere appese alle strutture di coronamento dell'edificio, anche con possibilità di scorrimento verticale lungo le fronti di questi. Si usano anche impalcature interne ai vani per lavori di restauro o di finitura, quali la formazione d'intonaci e di rivestimenti: in questo caso si impiegano cavalletti in legno o metallici di altezza variabile, a sostegno di tavole formanti il piano di lavoro.

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