poligenismo

sm. [sec. XIX; da poligenesi]. Teoria detta anche polifiletismo, che asserisce la pluralità delle origini dei vari tipi umani sia fossili sia attuali, in contrapposizione con quella, monogenismo, che asserisce un'origine unica. Entrambe le teorie traggono origine da presupposti di ordine filosofico e speculativo che risalgono a molto prima che il mondo scientifico le prendesse in considerazione, verso la metà del sec. XIX, per discuterle e interpretarle in accordo con le acquisizioni derivate dalla paleoantropologia e dalle teorie evoluzionistiche. In tutte le popolazioni, per esempio, è ammessa la concezione poligenista secondo la quale il proprio (e quindi anche gli altri) gruppo umano ha origine da una divinità o da un eroe eponimo; per la tradizione ebraico-cristiana, l'intera umanità ha origine, invece, da Adamo ed Eva. In contrasto con questa tesi, nel corso dei secoli, liberi pensatori sfidarono, spesso con tragiche conseguenze (di cui il rogo di Vanini nel 1619 è uno dei più significativi esempi), le teorie ufficiali saldamente ancorate all'opera di Sant'Agostino. Nel contempo la scoperta del Nuovo Mondo diede un grave colpo alle concezioni ortodosse dimostrando l'esistenza proprio agli antipodi di popolazioni che non si riusciva a inquadrare nella genealogia prevista dal monogenismo ortodosso, così come avevano ipotizzato l'abate Virgilius e il filosofo G. de Conces, severamente puniti per ciò il primo nel 748 e il secondo nel 1110. Dalle polemiche imposte da questa scoperta era intanto nata nel 1520 una ben definita quanto osteggiata corrente poligenista che aveva il suo più seguito esponente nel medico svizzero P. T. von Hohenheim (Paracelso); si trattava però di un poligenismo su basi filosofiche che, diffondendosi sempre più, finì col divenire la giustificazione teorica per arbitrarie differenziazioni quali, per esempio: chi è figlio di Dio e chi no, chi è umano e chi non lo è o non lo è ancora, chi è civile e chi non lo è, tanto da sfociare nel più deteriore, tendenzioso e antinaturalistico concetto di “razza” della storia più recente. Per i poligenisti “prescientifici” (come per alcuni degli attuali), il poligenismo si trasformò così in una teoria di comodo, utile a perseguire i fini più diversi: l'umanità ha più origini, ma solo chi è derivato dalla coppia Adamo ed Eva è da considerarsi pienamente umano e civile; col beneplacito dei monogenisti, soddisfatti del compromesso teorico, viene persino giustificato lo sterminio degli aborigeni dell'America Latina, quello delle tribù dell'America Settentrionale, lo sfruttamento in schiavitù degli africani, gli eccidi in massa degli ebrei europei. Per tutti questi motivi il poligenismo (come del resto il monogenismo), anche dal punto di vista antropologico, rimane pur sempre una teoria speculativa e quindi (nonostante illustri sostenitori del contrario quali P. P. Broca, C. S. Coon, L. Agassiz, G. Sergi e V. Giuffrida-Ruggeri), come tale, richiede prove convincenti prima di poter essere accettato sul piano scientifico. Allo stato attuale delle conoscenze antropologiche il poligenismo può essere accettato entro certi limiti, a condizione di ammettere che i vari ceppi siano sorti l'uno indipendentemente dall'altro, in aree geografiche anche distanti e non comunicanti, e abbiano seguito cammini evolutivi paralleli ma propri, a partire da forme fossili distinte ma derivate, sia pure in epoche diverse, da antenati comuni. Il compromesso con le teorie evoluzionistiche potrebbe, in questo modo, apparire convincente; mentre non è sostenibile il volere riconoscere, su queste basi, nell'umanità attuale, più specie distinte e addirittura più generi.

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