Gli impegni dei colossi multinazionali per contrastare i cambiamenti climatici: chi manterrà le promesse?

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La sostenibilità è anche questione di scelte. Quelle che facciamo noi come singoli individui, quelle che fanno gli Stati e i governi a proposito di tutela ambientale, e quelle che fanno le grandi aziende multinazionali che, con politiche di sviluppo più attente al pianeta, possono fare una grande differenza in materia di emissioni inquinanti.

D'altro canto, l'Accordo di Parigi parla chiaro: l'Europa deve mettere in pratica azioni concrete per mantenere l'aumento medio della temperatura globale al di sotto dei 2°C: si tratta di un limite che potrebbe potrebbe evitare la sempre più reale apocalisse climatica, il punto oltre il quale i danni che l'uomo ha provocato sulla Terra sarebbero irreversibili.

E se le pressioni sui governi sono tangibili, anche quelle sul mondo corporate non sono da meno. In molti chiedono a gran voce il passaggio a un modello di sviluppo (e di consumi) più sostenibile, capace di svincolarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili per passare alle ben più green energie rinnovabili. Ma cosa stanno facendo le grandi aziende per risolvere il problema?

Sostenibilità o greenwashing?

"An Inconvenient Truth: How Organizations Translate Climate Change into Business as Usual" è uno studio del 2016 di Christopher Wright and Daniel Nyberg che, analizzando le più grandi aziende australiane nel corso di un decennio, ritrova nella maggior parte di esse un pattern comune, quando si parla di sfida alla sostenibilità: alle grandi azioni volte alla riduzione delle emissioni, segue un processo di ridimensionamento delle stesse che evidenza la tensione continua tra la grande sfida ambientale e gli imperativi del business e del profitto.

Strettamente connesso al suddetto tema, poi, c'è quello del greenwashing: sono molte, infatti, le aziende e le imprese che, facendo proprie le ultime frontiere del marketing, agiscono attraverso il “lavaggio verde”, ovvero «una forma di appropriazione indebita di virtù e di qualità ecosensibili per conquistare il favore dei consumatori o, peggio, per far dimenticare la propria cattiva reputazione di azienda le cui attività compromettono l'ambiente» (come definito da Valentina Furlanetto, ne "L'industria della carità").

La domanda, quindi, è la seguente: le aziende sono pronte alla rivoluzione sostenibile? Rivoluzione, in fondo, significa ripensare completamente l'economia e i sistemi produttivi a cui siamo stati abituati fino ad oggi.

Le promesse green delle multinazionali

Promesse o impegno reale? Nel corso degli ultimi anni, man mano che la crisi climatica si è fatta più tangibile e reale, sono molte le aziende che hanno dichiarato di aver intrapreso una riconversione volta a una maggior tutela dell'ambiente

In realtà, anche in Italia, i dati a disposizione sull'effettivo cambiamento non sono molti, tanto che l'ISTAT, nel documento "Comportamenti d’impresa e sviluppo sostenibile" del 2020, si impegna a "rendere disponibili i primi dati che fotografano le caratteristiche delle imprese in termini di sostenibilità ambientale e sociale e il loro rapporto con i parametri economici classici" attraverso uno studio statistico sperimentale le cui analisi preliminari sono cominciate già nel 2018. 

In attesa dei primi dati, non ci resta che dare un'occhiata alle iniziative delle grandi multinazionali in tema di tutela e sostenibilità ambientale.

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Amazon e l'impegno sui veicoli a minor impatto ambientale

Una scelta recentissima, quella di Amazon: Jeff Besos, chief executive del colosso e-commerce, alla vigilia del Climate Action Summit, ha presentato al mondo gli sviluppi del Climate Pledge, ovvero il piano aziendale volto a raggiungere il gol del carbon free entro il 2040, dieci anni prima del limite suggerito dall'accordo di Parigi. La grande novità del 2020 riguarda il mondo delle consegne, che si avvarrà di 100mila veicoli totalmente elettrici.

Ikea e le energie rinnovabili

Anche Ikea parla di sostenibilità ambientale e lo fa attraverso l'uso delle energie rinnovabili: oltre a voler raggiungere la carbon neutrality entro il 2030, Ingka (il gruppo proprietario del marchio) si impegna a rendere negativo il bilancio dei gas serra prodotti attraverso le sue attività. Pale eoliche, pannelli solari e opere di riforestazione sono i mezzi attraverso i quali il colosso dell'arredamento low cost cerca di centrare gli obiettivi dell'accordo di Parigi. Fino ad oggi il gruppo ha investito 3,8 miliardi di euro per la sostenibilità.

Google a zero emissioni

Carbon neutral nel 2007, e prima azienda ad utilizzato il 100% di energie rinnovabili nel 2017, il colosso di Mountain View si appresta ad entrare nella sua terza decade di azioni volte al miglioramento della situazione climatica. L'annuncio arriva direttamente da Sundar Pichai, CEO di Google, che annuncia l'obiettivo di diventare 100% carbon free entro il 2030 e l'intenzione di aiutare i governi locali (statunitensi) a rendere più green le proprie città, in modo da ridurre l'impatto urbano sull'ambiente.

 

Serena Fogli