ègloga o ècloga

sf. [sec. XIV; dal latino eclŏga, che risale al greco eklogḗ, propr. scelta]. Genere poetico della letteratura greca e latina. La sua origine fu probabilmente popolare e la sua diffusione estesa a tutta la Grecia; la massima fioritura letteraria si ebbe in età alessandrina, con Teocrito, che fonde l'idealizzazione di un mondo di pace e di semplicità con osservazioni realistiche; il metro comune è l'esametro e il dialetto è il dorico letterario. Più tardi coltivarono l'egloga Mosco e Bione. Ispirata all'analogo genere letterario greco, l'egloga apparve nella letteratura latina con Virgilio e fu poi coltivata nell'età imperiale da Calpurnio Siculo e da Nemesiano (anonime sono le due egloghe di Einsiedeln). Perdendo quasi del tutto il carattere rigoroso e realistico che ha ancora in Teocrito, l'egloga latina ne accentua il lato sognante e si trasforma in un idillio, in quadretti nostalgici di vita campestre, con richiami agli eventi duri del tempo. Così Virgilio spesso allegorizza nei suoi pastori personaggi reali e introduce nel loro mondo vicende della propria vita o aspirazioni della sua età, con versi di grande dolcezza; così Calpurnio e l'autore delle egloghe di Einsiedeln, entrambi di età neroniana, cantano una fantastica età dell'oro e le speranze suscitate inizialmente da Nerone. Imitazione di Virgilio e di Teocrito, ma di buona fattura, sono nel sec. III le quattro egloghe del cartaginese Olimpio Nemesiano. L'egloga riapparve nella poesia medievale all'epoca di Carlo Magno, alla sua corte, per opera del celebre Alcuino, e si riaffermò verso la fine del Medioevo a cominciare dalle egloghe di Dante a Giovanni del Virgilio, cui seguirono le dodici del Bucolicum Carmen del Petrarca e le sedici dell'opera omonima di G. Boccaccio. Nel Quattrocento e Cinquecento la poesia umanistica latina ne produsse moltissime e quasi a gara nacque l'egloga in volgare. Il genere dilagò per tre secoli e venne specializzandosi, pur mantenendo il fondamentale carattere ideale di finzione idillica. Nata campestre, si fece piscatoria, venatoria, marinaresca, didascalica, funebre. La sua forma dialogica le conferì inoltre ampie possibilità di rappresentazione e dalla cosiddetta egloga aulica o drammatica, per gli influssi della tragedia e della commedia, si pervenne alla favola o dramma pastorale. L'egloga in volgare si è valsa generalmente della terza rima, ma se ne ebbero anche in altri metri e in versi sciolti.

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