Appia, Adolphe

scenografo e teorico svizzero (Ginevra 1862-Nyon 1928). Tra i primi negatori della scenografia ottocentesca storico-naturalistica, espose le proprie teorie in alcune opere fondamentali (La mise en scène du drame wagnerien, 1895; Die Musik und die Inszenierung, 1899; L'œuvre d'art vivant, 1921; Art vivant ou nature morte?, 1923), esercitando particolare influsso sulla formazione della scenografia moderna. Appia concepì il palcoscenico come uno spazio inerte da animare e articolò la scena in un complesso organico (“plastico-tridimensionale”) di scale, terrazze, portanti verticali. Motore del processo ritmico è per Appia l'attore, che, intermediario fra testo, musica e scena, agendo rivela ogni possibilità plastico-dinamica della scena stessa, alla quale le luci apportano il colore e l'elemento mistico-suggestivo. Personalmente Appia poté verificare le proprie teorie soltanto nella scuola di ginnastica ritmica di É. Jaques-Dalcroze (Hellerau, 1911-13; Ginevra, 1919) e in alcune opere wagneriane: Tristano e Isotta (Milano, Teatro alla Scala, 1923); L'oro del Reno,La walkiria, Prometeo (Basilea, Studtheater, 1924-25). Ad Appia è indispensabile rifarsi per comprendere l'attività svolta per il teatro da pittori quali F. Casorati e M. Sironi.

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