Avestā (religione)

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libro sacro del mazdeismo. Il nome Avestā deriva dal pahlavico Apastāk (testo fondamentale), contrapposto allo Zand (commento) che l'accompagna. Quale ci è stato tramandato dalla tradizione zoroastriana, l'Avestā non costituisce un'opera unitaria, ma un complesso di scritti liturgici e rituali, redatti in un dialetto iranico nord-orientale (avestico), databili dal periodo achemenide (sec. VI-V a. C.) all'inizio dell'era volgare. L'Avestā completo sarebbe stato composto, secondo la tradizione, di 21 libri, perduti in seguito alla conquista di Alessandro Magno; attualmente ci resta solo una piccola parte, tramandata oralmente per molti secoli e messa per iscritto con un alfabeto di origine semitica nel sec. V d. C. Essa consta di quattro parti fondamentali: gli Yasna (preghiera, celebrazione), comprendenti le preghiere che il sacerdote recitava nella preparazione e nell'offerta dell'haoma, la bevanda sacrificale degli Irani; il loro nucleo più antico è costituito dalle Gāthā, diciassette inni sacri redatti in una lingua più arcaica delle altre parti e contenenti la dottrina originale di Zarathustra; il Visprat (tutti i giudici), che comprende il complesso di formule integrative degli Yasna; il Vidēvdāt (la legge contro i demoni), che contiene le regole della purificazione; il Khvartak Apastāk (piccolo Avestā), una sorta di estratto dell'Avestā per il servizio divino ordinario. Di esso fanno parte gli Yašt, inni dedicati a singole divinità, che costituiscono una preziosa raccolta di miti prezoroastriani.

J. Duchesne-Guillemin, Zoroastre. Ètude critique avec une traduction commentée des Gâthâ, Parigi, 1948; H. Humbach, Die Gathas des Zarathustra, Heidelberg, 1959.

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