Bàrtolo da Sassoferrato

(de Saxoferrato), giurista (Urbino 1314-Perugia 1357). Considerato il maggiore tra i civilisti medievali, si dedicò giovanissimo al diritto civile avendo per maestri a Perugia Cino da Pistoia e successivamente Iacopo Butrigario a Bologna, dove conseguì il dottorato nel 1334. Dopo essersi applicato ad attività giuridiche pratiche, quali l'assessorato a Todi, a Cagli e a Pisa e l'avvocatura generale nella Marca Anconetana, iniziò l'insegnamento del diritto civile a Pisa nel 1339 e lo proseguì poi a Perugia dal 1342-43 ininterrottamente fino alla morte. Le sue copiose e fondamentali opere scaturiscono in gran parte dall'insegnamento accademico, e cioè dalla lettura e dal commento delle varie parti del Corpus iuris civilis giustinianeo, testi riportati a nuova vita dalla scuola bolognese dei glossatori nei sec. XII e XIII. La novità del nuovo indirizzo, che fa capo al maestro di Bartolo, Cino da Pistoia, e trova in Bartolo il massimo esponente (“scuola dei commentatori”), consiste nell'aver utilizzato anche per il diritto il cosiddetto “metodo scolastico”, che da tempo caratterizzava l'insegnamento della teologia e della filosofia, specialmente nell'Università di Parigi. Alla lezione rivolta essenzialmente all'interpretazione dei testi (metodo esegetico o della glossa) si veniva così sostituendo l'argomentazione concettuale e sistematica, intesa alla costruzione logica degli istituti giuridici, sicché il testo, che pure costituiva l'oggetto della lezione, diveniva il semplice punto di partenza per un'esposizione di natura assai vicina alla moderna dogmatica giuridica. Le opere di Bartolo, a stampa a partire dal 1471 e comprendenti oltre dieci volumi in folio, consistono nelle ampie Lecturae o Commentari al Digestum vetus, all'Infortiatum e al Novum, al Codex, ai Tres libri (parziale), all'Authenticum (e cioè alle Novellae giustinianee) e forse alle Institutiones; oltre a numerosissime Repetitiones a singole leggi della compilazione giustinianea, a Quaestiones o Disputationes, a Consilia (responsi in controversie giurisdizionali) e a molti trattati in parte inediti su singoli argomenti di particolare attualità, tra cui il duello, le rappresaglie, la tirannide e altri problemi interessanti la vita politica del suo tempo. La sua fama da vivo (fu particolarmente onorato dall'imperatore Carlo IV), ma ancor più dopo la morte, fu tale in tutta Europa per cui valse il detto: “nemo bonus iurista nisi bartolista” (nessuno può essere buon giurista se non è seguace di Bartolo), e di fatto il “bartolismo” segnò un periodo duraturo della giurisprudenza europea.

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