Burke, Edmund

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statista, filosofo e scrittore inglese (Dublino 1729-Beaconsfield 1797). Di vedute liberali nella giovinezza e nella prima maturità, sostenne una politica di conciliazione verso le colonie americane, manifestando in favore di tale causa con due famosi discorsi: On American Taxation (1774), On Conciliation with the Colonies (1775). Difese inoltre l'emancipazione cattolica e la completa tolleranza religiosa; patrocinò la riforma delle leggi penali e l'abolizione dello schiavismo, schierandosi a favore di Wilberforce; aprì il giudizio contro Warren Hastings per il suo malgoverno in India, pur senza riuscire a farlo condannare. Nell'ultima parte della sua vita si oppose così aspramente alla Rivoluzione francese da sostenere, assumendo una posizione di netto conservatorismo, la guerra e le altre misure repressive di Pitt il Giovane. Il suo atteggiamento emerge dall'opera più significativa: Reflections on the Revolution in France (1790). Burke rimane uno dei più singolari esponenti del pensiero politico del sec. XVIII; è anche autore dell'opera protoromantica Philosophical Inquiry into the Origin of Our Ideas on the Sublime and Beautiful (1756; Indagine filosofica sull'origine delle nostre idee del sublime e del bello), sui sentimenti che nascono dal mistero. Il saggio ebbe grande fortuna in Inghilterra e trovò seguaci in Germania, dove ebbe un notevole influsso su Lessing e su Moses Mendelssohn. Per lo stile ampio e ricco d'immaginazione Burke rimane, con E. Gibbon, il più grande stilista del Settecento inglese.

Bibliografia

F. P. Canavan, The Political Reason of Edmund Burke, Durham, 1960; T. H. D. Mahoney, Edmund Burke and Ireland, Cambridge (Massachusetts), 1960; C. P. Courtney, Montesquieu and Burke, Oxford, 1963; W. B. Todd, A Bibliography of Edmund Burke, Londra, 1964; T. Tamagnini, Un giusnaturalismo ineguale. Studio su Edmund Burke, Milano, 1988.

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