Codigòro

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comune in provincia di Ferrara (43 km), 3 m s.m., 169,97 km², 13.057 ab. (codigoresi), patrono: san Martino (11 novembre).

Cittadina sul ramo di Volano del Po. Il territorio fu a lungo occupato da stagni e boscaglie. Una prima opera di bonifica fu attuata nel sec. XVI, ma una definitiva sistemazione idraulica del territorio fu possibile solo alla fine dell'Ottocento, con la costruzione di quello che all'epoca fu il più grande impianto idrovoro d'Europa. È ricordata per la prima volta in una carta dell'abbazia di Pomposa del 1018. Sotto la giurisdizione degli arcivescovi di Ravenna (Chronica parva Ferrariensis del 1309) divenne una località di rilievo dei domini estensi, dove passavano tutte le mercanzie dirette a Ferrara, quando ancora Venezia non ostacolava i transiti. Passò nel 1597 allo Stato Pontificio, ma decadde a causa del clima malsano e solo dopo il 1860, con i lavori di risanamento idraulico e di bonifica, riprese la sua ascesa economica. § Il Palazzo del Vescovo, del sec. XV, ma rifatto nel 1732, è in puro stile veneziano; nei dintorni si trovano la torre della Finanza, casoni da pesca in canna palustre, impianti di marinatura del pesce, mulini dei sec. XVI-XVIII e gli edifici delle pompe idrovore. § L'agricoltura è molto sviluppata (barbabietole, cereali, frutta, ortaggi, uva e foraggi); si pratica l'allevamento bovino e avicolo. L'industria opera nei settori conserviero, estrattivo (cave di sabbia), dell'abbigliamento, degli infissi e della carpenteria. Attivo il turismo culturale all'abbazia ed escursionistico e nautico nel Parco Regionale del Delta del Po, nelle numerose oasi protette e nel Boscone della Mesola. § In direzione E, a ca. 6 km dall'abitato, è l'abbazia di Pomposa, costruita da monaci benedettini intorno al sec. VII.

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