Cécchi, Emìlio

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scrittore italiano (Firenze 1884-Roma 1966). Studiò e si formò in buona parte a Firenze; collaborò a La Voce di Prezzolini, facendosi notare per la sua eccezionale acutezza critica. Trasferitosi a Roma nel 1910, nel 1919 fu tra i fondatori della rivista La Ronda. Dopo il 1923 collaborò a giornali come Il Secolo e La Stampa e, successivamente, al Corriere della Sera. Nel 1940 fu nominato accademico d'Italia, nel 1952 ebbe il premio dei Lincei per la saggistica e nel 1961 il premio Penna d'oro. L'inizio della vera attività critica di Cecchi si può far risalire agli anni della sua collaborazione alla Voce, caratterizzata da una fine e sapiente conoscenza letteraria (L'arte di R. Kipling, 1911; La poesia di G. Pascoli, 1912; Studi critici, 1912). Accanto a questa attività critica vanno collocate anche le raccolte di versi (Inno primo del 1909, ripubblicato insieme ad altre poesie nel 1947 con il titolo di Uva acerba), dove appunto l'autore mostra una sensibilità nuova e acuta che riesce spesso a trasportare le cose in quella stessa atmosfera di lucida chiarezza che sarà il pregio maggiore delle sue prose. La storia della letteratura inglese del secolo XIX (1915) dimostra già la maturità del prosatore e del critico, capace di accostarsi agli autori secondo impensate prospettive e aderendo “a una tradizione eccentrica e nutrita di estetismo”. Il suo stile è passato attraverso l'esperienza della “prosa d'arte” cara a La Ronda. Dalla collaborazione a La Ronda e a La Tribuna sono nate alcune delle pagine più chiare e perfette di Cecchi, Pesci rossi (1920), testimonianza della maturità di una prosa nuova, in cui palpita una specie di sensibilità dell'intelligenza, ricca di risonanze simboliche e magiche. Seguirono l'Osteria del cattivo tempo (1927), con un importante gruppo di considerazioni sul giornalismo, Qualche cosa (1931), dove possiamo trovare scritti di impareggiabile divertimento letterario, e Corse al trotto del 1936. Dal primo viaggio di Cecchi in America nacquero Messico (1932), uno dei più bei libri di viaggio della nostra letteratura, seguito da Et in Arcadia Ego (1936), e soprattutto America amara (1940). L'ultimo libro di questo genere è stato Appunti per un periplo dell'Africa (1954). Queste opere dimostrano come gli scritti di viaggio, insieme alle prose d'occasione o d'ispirazione giornalistica, siano stati i temi più congeniali a questo scrittore, sempre dotato di una chiarezza e ricchezza esemplari, che ritroviamo anche nei suoi scritti di critica militante (Di giorno in giorno, 1954; Ritratti e profili, 1957) e di critica d'arte, tra i quali Pittura dell'Ottocento (1926), Trecentisti senesi (1928), Pittura italiana dell'Ottocento (1937), Scultura fiorentina del Quattrocento (1956).

G. De Robertis, in Scrittori del Novecento, Firenze, 1940; W. Binni, in Critici e poeti dal Cinquecento al Novecento, Firenze, 1951; G. Cattaneo, in I contemporanei, vol. I, Milano, 1963; G. Luti, in I critici, vol. III, Milano, 1969; R. Macchioni Jodi, Emilio Cecchi, Milano, 1983.

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