Dòria

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nobile famiglia genovese, la cui storia coincide spesso con la storia stessa della città. Già nei sec. XII-XIII sono documentati i primi esponenti. Nel 1241 i Doria ghibellini furono scacciati per dieci anni da Genova per aver capeggiato una rivolta contro il governo guelfo della città; si rifugiarono in Sardegna dove ebbero grandi possedimenti. In questo periodo emerge Branca (m. 1325) reso tristemente famoso da Dante (Inferno, XXXIII, 137 e seguenti) per l'assassinio a tradimento (1275) del suocero Michele Zanche, signore di Logudoro. Da segnalare quali membri della famiglia due trovatori: Percivalle, ghibellino, nominato da Manfredi vicario generale della Marca d'Ancona, del Ducato di Spoleto e di Romagna; Simone, che alternò anch'egli la poesia alla politica; fu podestà nel 1265-66 di Savona e nel 1293 di Albenga; rimangono di lui quattro tenzoni su questioni d'amore e di morale con Lanfranco Cigala; Oberto, l'eroe della Meloria (1284); Lamba, che vinse a Curzola (1298); Pagano, vincitore delle flotte veneziane, catalane e greche davanti a Costantinopoli (1352) e ancora di quella veneziana a Porto Longo (1354); Luciano, che attaccò i Veneziani a Pola rimanendo ucciso all'inizio della battaglia condotta poi fino alla vittoria dal fratello Ambrogio (1379); Pietro, dapprima vincitore a Chioggia, in seguito sopraffatto e ucciso dai Veneziani passati alla riscossa con Vittore Pisani (1380). Con Andrea, che rovesciò il dogato popolare e restaurò il monopolio nobiliare del potere politico, si aprì un nuovo periodo della storia della famiglia che praticamente detenne per più di un secolo la guida della città. Tra i personaggi più in vista di tale periodo: Filippino (sec. XVI), al servizio dei Francesi, sconfisse a Capo d'Orso nel golfo di Salerno la squadra di Carlo V comandata da Ugo Moncada che vi fu ucciso (1528); passato quindi alla Spagna, contribuì alla presa di Savona del medesimo anno. Stefano di Bartolomeo (sec. XVI), capitano generale di Nizza per Carlo III di Savoia, fu alla battaglia di Ceresole (1544) e alla difesa di Nizza (1557). Antonio (sec. XVI), marchese di Santo Stefano, fu ammiraglio di Clemente VII, di Carlo V e di Filippo II, ebbe grande parte nella battaglia di San Quintino (1557) per cui fu decorato del Toson d'oro, combatté a Lepanto (1571) e scrisse un interessante libro di memorie. Giorgio di Melchiorre (sec. XVI) fu capitano dell'armata di Andrea (1540), pacificò la Corsica (1568-70) e venne poi inviato ambasciatore a Praga. Gianandrea, pronipote di Andrea e discusso ammiraglio, rinsaldò i vincoli con la Spagna e rafforzò la posizione della famiglia nella città. Dopo aver avuto per cinque volte il dogato (Giambattista, 1537-39; Niccolò, 1579-81; Agostino, 1601-03; Ambrogio, maggio-giugno 1621; Giovanni Stefano, 1633-35), i Doria furono però messi parzialmente in ombra dagli altri nobili; riottennero il dogato solo con Giuseppe, che esercitò la carica dal 1793 al 1795. Durante il periodo rivoluzionario, al termine del sec. XVIII, alcuni membri della casata furono di idee repubblicane, come Filippo, ucciso durante la rivoluzione in Genova del 1797, e Antonio Raffaele, giustiziato a Napoli dopo la caduta della Repubblica partenopea, mentre altri, come Benedetto Andrea (m. a Genova nel 1794), vescovo di Aiaccio, e Andrea detto il Rodomonte furono violenti e retrivi reazionari.

Bibliografia

T. Luzzatto Guerrini, I Doria, Firenze, 1938; A. Sisto, I feudi imperiali del tortonese (sec. XI-XIX), Torino, 1956; F. M. Boero, Fieschi e Doria. Due famiglie per una città, Genova, 1986.

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