Malavòglia, I-

romanzo di G. Verga, pubblicato nel 1881. Applicando con il massimo rigore la formula verista, Verga filtra il racconto attraverso i pensieri e i discorsi dei personaggi: ne scaturisce una tecnica originalissima, quella del “discorso rivissuto”, per la prima volta applicato all'intera narrazione. L'esito altissimo è la coralità, che fa del romanzo un blocco stilisticamente unitario. Centro lirico dei Malavoglia è il sentimento primordiale della socialità, quale si rivela nella cerchia degli affetti familiari: tale “religione della famiglia” è l'unica difesa contro la forza nemica e occulta dello Stato, incombente sul piccolo mondo dei pescatori col suo servizio di leva, le sue imposte indirette e la sua iniqua “giustizia”. Manca però in Verga una fede positiva, sia essa religiosa (il naufragio della Provvidenza è appunto il simbolo di un mondo senza trascendenza) o laica: il destino dei “vinti” è quello dei forzati che non possono evadere dalle ferree leggi della miseria. È questa l'amara saggezza di Padron 'Ntoni, contro la quale si ribella il nipote 'Ntoni; ma, dopo il suo vano tentativo di sottrarsi alla miseria, questi deve allontanarsi dal paese e dalla casa, che, come un tempio profanato, sarà riconsacrata dall'ultimo dei Malavoglia, Alessi.

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