Marātha

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Generalità

Popolazione dell'India residente in prevalenza nelle regioni centrali del Deccan. Nota anche con i nomi di Maharatti e Maratti, è una delle più importanti minoranze etniche, culturalmente omogenee; secondo vari studiosi deriva dalla fusione tra genti indoariane e paleoindiane, come sembrano confermare le fattezze (corporatura minuta ma robusta, pelle piuttosto scura) e la sopravvivenza di antiche tradizioni matrilineari e religiose.

Storia

I Marāṭhā si affermarono militarmente con Shāhji (o Śāhji) Bhonsle (m. 1664) e specialmente con suo figlio Shīvaji (o Śīvaji, 1627-80), ottimo politico e conquistatore, e formarono una potente monarchia, responsabile della lunga serie di azioni guerresche contro Aurangzeb, che infersero un colpo mortale all'impero moghūl. Passato il potere effettivo in mano al peshwā (o peśvā) – primo ministro ereditario –, i Marāṭhā, divisi in vari clan spesso in lotta tra di loro, estesero i loro domini fino a includere tutta l'India centrale dall'uno all'altro mare, a eccezione del Maisur. Essi non seppero però dare unità amministrativa a quel grande territorio e si resero anzi invisi alle popolazioni; in tal modo non riuscirono a costituire una salda compagine statale che rappresentasse il nucleo di una successiva India induista unita. Venuti in conflitto con i Durrānī, furono sconfitti a Panipat (1761). Del pari negativi furono gli esiti delle tre guerre contro gli Inglesi (1778-82; 1802; 1817): questi riuscirono ad annettere il grosso del territorio marāṭhī che costituì la “provincia” corrispondente all'incirca all'odierno Stato di Bombay (Maharashtra).

Religione

In religione i Marāṭhā erano visnuiti e sono noti per aver sviluppato una mistica fiorente dal sec. XIII al XVII. Questa mistica, la cui enunciazione fondamentale appare già nel Jñāneśvarī, un poema del 1290 ca., fu un importante elemento unificatore delle correnti religiose dell'India meridionale; basandosi sulla concezione di un Essere Supremo inconoscibile e tuttavia in qualche modo sperimentato, in senso mistico, conseguendo la liberazione (mokṣa) dal “relativo” o “mondano”, conduceva alla “liberazione” con l'impegno di tutte le facoltà dello spirito, sotto la guida di un guru. Questo “indirizzo” totale, tuttavia, si realizza come dedizione assoluta alla divinità.

Arte

Il consolidamento del potere dei Marāṭhā nell'India meridionale favorì lo sviluppo e la diffusione di un'arte, che, dopo il 1750, divenne stile nazionale. La mancanza di una tradizione culturale propria (adeguata alla forma di devozione basata sulle concezioni dell'antica dottrina sanscrita) determinò nell'arte dei Marāṭhā scelte stilistiche di gusto eclettico. L'architettura dei templi si rifece ai modelli medievali deccanesi combinando elementi dell'arte sultanale ʽĀdilsāhī con altri della tradizione moghūl, la cui influenza divenne predominante nella seconda metà del sec. XVIII, sviluppando una forma singolare di santuario-torre in cui si sfruttarono elementi strutturali del sikhara medievale. Nei templi del sec. XIX la forma riproduce quella delle sale di udienza regali moghūl. Negli esempi di architettura lignea, le costruzioni poggiano su un'alta piattaforma di pietra; la decorazione lignea si rifà allo stile del Gujarat e a motivi tipici di provenienza cinese. Con maggiore realismo si sviluppò la scultura, di carattere popolare, ispirata alla raffigurazione di personaggi politici oppure di danzatrici. La pittura derivò dalle correnti tradizionali, quella rājpūt e quella della scuola moghūl; la pittura su vetro ripropose motivi del repertorio decorativo cinese. Provvista di alcuni caratteri propri di suggestiva attrazione, l'arte dei Marāṭhā ebbe espressioni di gusto popolare, quali si possono rinvenire nei centri di Nāsik, Candor, Sātārā, Pandhārpur, Pūnā, Kolhāpur, Nāgpur, Barodā, Indore, Gwallior e altrove.

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