Operétte morali

raccolta di ventisei prose di Giacomo Leopardi, alcune in forma di dialogo, altre di favola o di allegoria, composte tra il 1824 e il 1834 e pubblicate in tre edizioni (1827, 1834 e, postuma, a cura di A. Ranieri, 1845). Le Operette morali furono redatte per la maggior parte nel 1824, in un momento di silenzio poetico di Leopardi, preludente alla nuova e più elevata creazione dei grandi idilli, mentre elaborava il suo sistema filosofico, quale appare sia pure frammentariamente nelle pagine dello Zibaldone, ispirato al sensismo illuministico e destinato ad approdare a un rigido materialismo. Il sarcasmo e la polemica delle prime satire e i motivi filosofici di cui si è detto non costituirono nelle Operette morali altro che un sottofondo quasi irrilevante. La sensibilità romantica del poeta prevale sul razionalismo illuministico, sulla filosofia antiromantica che lo guida invece nei pensieri dello Zibaldone. Nelle Operette morali quindi il tono non è mai filosofico, anche se spesso vi sono presenti un vigore di ragionamento e una dialettica acuta che risentono di Platone e dei sensisti; anche se vi è meno avvertibile la linea del sentimento e più quella del pensiero. Nelle Operette morali si ritrovano tutte le convinzioni pessimistiche di Leopardi: che l'uomo è condannato a una perpetua infelicità (Storia del genere umano; Dialogo di Malambruno e di Farfarello; Cantico del gallo silvestre); che l'infelicità è proporzionata alla grandezza dello spirito umano (Dialogo della Natura e di un'Anima); che la natura è sovranamente indifferente al destino dell'uomo (Dialogo della Natura e di un Islandese); che l'uomo crede in un mondo creato per lui solo (Dialogo di un folletto e di uno gnomo); che la vita umana è futile e vana (Dialogo di Ercole e di Atlante); che gli uomini sono incapaci di virtù (Proposta di premi fatta dall'Accademia dei Sillografi); che la gloria è “povera di utilità, difficile e incerta non meno a ritenere che a conseguire” (Il Parini ovvero della Gloria); che il vivere meno infelice è quello di coloro che lavorano febbrilmente e che lasciano quindi minor tempo al pensiero (Dialogo di un fisico e di un metafisico; Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez); che la noia è il peggiore dei mali (Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare); che la morte è la cessazione di tutti i mali (Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie). Esercitazioni stilistiche di alta perfezione, eleganti giochi letterari, temi eruditi si ritrovano nelle altre Operette morali, come nel Dialogo della Moda e della Morte, nel Dialogo della Terra e della Luna, nell'Elogio degli uccelli, fino alle ultime (Il Copernico; Dialogo di Plotino e di Porfirio; Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere).

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