Scarlatti, Doménico

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compositore italiano (Napoli 1685-Madrid 1757). Sesto figlio di Alessandro, con il quale compì gli studi musicali, nel 1701 fu nominato organista della cappella reale di Napoli, dove esordì nel 1703 come compositore teatrale. Dopo brevi soggiorni a Firenze e a Roma in compagnia del padre, passò a Venezia, dove completò gli studi sotto la guida di F. Gasparini. Trasferitosi a Roma, tra il 1709 e il 1714 fu maestro di cappella della regina Maria Casimira di Polonia, per il cui teatro allestì numerosi melodrammi; dal 1715 al 1719 fu maestro di cappella in San Pietro. Nello stesso anno si trasferì a Lisbona, dove l'anno successivo ebbe l'incarico di maestro di cappella presso la corte portoghese e si dedicò all'istruzione musicale dei principi, in particolare della principessa Maria Barbara di Braganza; abbandonato completamente il melodramma, scrisse esclusivamente pezzi vocali d'occasione e musica sacra. Nel 1733 seguì a Madrid Maria Barbara, divenuta regina di Spagna, al cui servizio rimase per il resto della propria esistenza. La produzione melodrammatica di Scarlatti, ammontante a una quindicina di melodrammi dei quali solo due, Tetide in Sciro (1712) e Narciso (1720), sono pervenuti nella loro interezza, non si segnala per particolari pregi stilistici o espressivi; più interessante è un intermezzo comico su libretto di G. Gigli, La Dirindina, rappresentato a Roma nel 1715, che si pone come una sorta di capostipite di questo fortunato genere musicale. Pagine di alto valore ha invece la sua musica religiosa, che lo rivela in possesso delle più sofisticate risorse della tecnica contrappuntistica: notevole in particolare è uno Stabat Mater per 8 voci e basso continuo. § Ma la parte più alta della sua produzione è rappresentata dal corpus di 555 sonate per clavicembalo (di cui solo una cinquantina furono pubblicate durante la vita di Scarlatti), che costituiscono una delle espressioni più alte della musica strumentale settecentesca. Il problema della loro cronologia non è ancora stato risolto, anche se molti indizi farebbero supporre che la maggioranza delle sonate fu composta nel periodo estremo della sua vita. Direttamente legate alla sua pratica di virtuoso di clavicembalo, le sonate di Scarlatti hanno un'aderenza strettissima alle caratteristiche tecnico-foniche di questo strumento, il che toglie loro qualsiasi rigidezza o astrattezza di concezione. Lo schema consueto delle sonate (un movimento basato su un unico tema e diviso in due parti ritornellate) conosce nella pratica applicazione un numero sbalorditivo di varianti; parimenti ricchissimi sono i riferimenti al mondo musicale contemporaneo, dal concerto al melodramma alla cantata a espressioni popolareggianti. Anche a livello timbrico la sonorità del clavicembalo è piegata a riprodurre o a suggerire con inesauribile fantasia e con acutissima sensibilità le più svariate sonorità, da quelle dell'orchestra a quelle della chitarra spagnola. La singolarità dell'esperienza compositiva di Scarlatti benché già riconosciuta nell'Ottocento da personalità quali M. Clementi, C. Czerny, J. Brahms, fu pienamente apprezzata solo nel sec. XX, con l'avviarsi di una verifica a livello filologico e critico, ancora lontana dall'essersi conclusa.

Bibliografia

R. Kirk-Patrik, Domenico Scarlatti, Princeton, 1953; M. Bogianckino, L'arte clavicembalistica di Domenico Scarlatti, Roma, 1956; G. Pestelli, Le sonate di Domenico Scarlatti, Torino, 1967; F. Degrada, Una sconosciuta esperienza teatrale di Domenico Scarlatti, in “Quadrivium”, XII, 1971.

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