acciuga

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sf. [sec. XIV; latino volg. apiua].

1) Specie (Engraulis encrasicholus) di Osteitti della famiglia degli Engraulidi, detta anche alice, largamente diffusa nel Mediterraneo, nell'Atlantico e nel Baltico. Lunga 15-20 cm, ha il corpo affusolato coperto di grandi scaglie caduche, di colore azzurrognolo o verde sul dorso, argenteo nelle parti laterali e inferiori. Le acciughe vivono in branchi, si nutrono di crostacei e sono capaci di assalire e mangiare anche piccoli pesci. Durante la primavera e l'estate si fermano nelle acque basse dove depongono le uova: le larve che nascono, i famosi bianchetti, si spostano mantenendosi in branchi verso la superficie dove vengono pescate. L'acciuga ha una larghissima utilizzazione gastronomica. Si consuma fresca e al naturale, generalmente fritta, oppure salata e conservata; di largo impiego i filetti conservati sott'olio e la pasta d'acciughe, che serve per insaporire tartine e pietanze. Si preparano anche varie salse a base di acciughe salate.

2) Loc.: stare come acciughe in salamoia, in un barile, stare molto stretti. Fig., persona eccessivamente magra e secca: ho incontrato quell'acciuga di sua moglie.

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