amicìzia
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Lessico
sf. [sec. XIII; dal latino amicitía]. Legame di affetto e comprensione fra due o più persone basato sulla stima reciproca: essere in amicizia; fare, contrarre, stringere amicizia. Per estensione, buon rapporto politico: amicizia tra due Stati. Con valore eufemistico, relazione amorosa: amicizia particolare, tra persone dello stesso sesso. In senso concreto, persona amica, alleato: “fra le molte simpatie, trovai un'amicizia” (De Amicis); ha molte amicizie influenti.
Filosofia
Libero rapporto elettivo fra due o più persone legate da affetto e da congenialità spirituale. Aristotele (Ethica Nicomachea VIII, 1-11) definisce l'amicizia come reciproca, consapevole benevolenza di due uomini e ne differenzia tre tipi secondo che sia fondata sul piacere, sull'utile o sulla virtù (che è quella più stabile e più duratura e quindi la più vera); la distingue poi, come disposizione attiva, dall'amore, che invece sarebbe una modificazione passiva. Il tema dell'amicizia è ripreso dalla Scuola peripatetica, dagli stoici e dagli epicurei. Epicuro, in particolare, le affida un compito sommamente educativo considerandola come il supremo di tutti i beni. In ambiente romano tratta dell'amicizia il Laelius di Cicerone, che la fa originare dall'inclinazione naturale e la fonda sulla virtù, che porta a una “perfetta conformità di sentire in tutte le cose divine e umane con benevolenza e affetto”. Nell'Antico Testamento è esaltata l'amicizia fra il giusto e Yahweh. Nel Vangelo, Gesù chiama i suoi discepoli “amici” (Giovanni, 15,15) e li fa partecipi dei segreti della vita divina. Questo motivo soprannaturale dell'amicizia sarà poi ripreso da Filone, dai mandei e dai manichei. Sulla stessa falsariga San Tommaso vedrà nell'amicizia la scambievole benevolenza che intercorre tra il giusto, che si adopera a far splendere nel mondo la gloria divina, e Dio, che conferisce al giusto la grazia santificante: motivo che sarà ampiamente sviluppato dalla mistica tedesca.