belladònna

sf. [sec. XVI; bella+donna]. Nome comune della pianta erbacea perenne Atropa belladonna della famiglia Solanacee che cresce spontanea nei boschi montani dell'Europa centrale e meridionale e nell'Asia occidentale. Alta ca. 150 cm, possiede foglie ovali, acuminate all'apice, lunghe 5-20 cm, di colore verde cupo: se sono fresche esalano un odore acre, sgradevole, che si attenua e scompare con il disseccamento. I fiori sono di colore violaceo o rossastro, peduncolati e leggermente penduli, con calice a 5 lobi e corolla campanulata con 5 stami. I frutti maturano tra agosto e settembre e sono bacche grandi quasi come ciliegie, di colore nero e di sapore dolciastro. Tali bacche sono molto velenose, come lo sono d'altronde le altre parti della pianta. Le foglie e le radici della belladonna contengono, in proporzione da 0,3 a 0,7%, vari alcaloidi dotati di intense azioni farmacologiche; i più importanti sono la iosciamina, l'atropina, l'apoatropina, la belladonnina e la scopolamina. Grazie alla presenza dei suddetti principi attivi, le foglie e le radici disseccate trovano impiego in farmacia per la preparazione di polveri, di estratti e di tinture aventi proprietà analgesiche, antinevralgiche, spasmolitiche, antisecretive, ecc. I preparati ottenuti dalle radici sono due volte più attivi di quelli ricavati dalle foglie. La radice della belladonna trova particolare applicazione nella cura del parkinsonismo postencefalitico, con risultati spesso migliori di quelli forniti dalla sola atropina. Se si eccettuano i preparati per uso locale, le droghe di belladonna sono scarsamente utilizzate in medicina, in quanto a esse si preferiscono l'atropina e altri alcaloidi naturali o sintetici ad azione atropino-simile. Va rilevato a tale proposito che l'intensità di effetto della droga in toto è piuttosto variabile, e ciò rende difficile stabilire e attuare una corretta posologia. L'avvelenamento con belladonna si verifica con notevole frequenza, specie nei bambini, in seguito a ingestione delle bacche scambiate per frutti eduli. Con 5-20 bacche si può avere un'intossicazione letale, che si manifesta inizialmente con tachicardia, secchezza della gola, difficoltà di deglutire. A tali sintomi fanno seguito eccitazione, deliri e quindi una fase di coma.

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