bio-imaging

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Lessico

S. inglese usato in italiano come sm. [da bio-+to image, rappresentare, raffigurare]. Con questa espressione di recente introduzione nel campo medico si usa indicare tutte le diverse tecniche e metodiche attualmente disponibili per ottenere immagini dirette o indirette del corpo umano e degli organi e apparati che lo costituiscono.

La ricerca

Nel corso degli ultimi due decenni del sec. XX, infatti, la tradizionale tecnica radiologica ha subito radicali innovazioni, legate prevalentemente all'introduzione dell'elettronica e dell'informatica; oltre a ciò, sono andate sempre più affermandosi altre metodiche d'indagine non più basate sull'impiego delle radiazioni ionizzate (cioè dei raggi X), ma su altre forme di energia, quale quella prodotta dagli ultrasuoni (utilizzata nell'ecografia) o quella generata da un campo magnetico (come nelle apparecchiature basate sulla risonanza magnetica nucleare, RMN) o dall'emissione positronica. Le tecniche disponibili per la produzione d'immagini biologiche sono quindi in continua evoluzione, non solo sotto l'aspetto dell'affinamento tecnologico (che consente di ottenere immagini sempre più fini e dettagliate) ma anche dal punto di vista concettuale: le immagni ricavate, infatti, soprattutto grazie all'intervento dell'elaborazione elettronica, perdono gran parte del loro carattere puramente “iconografico”, per acquisire invece un sempre maggiore significato funzionale, con un contenuto di informazioni tale da poter essere correttamente intrepretato con l'aiuto del calcolatore. Alla radiologia tradizionale subentra quella che viene attualmente definita la scienza della “diagnostica per immagini”, essenzialmente una computer-science. La prima radicale trasformazione in questo settore della medicina è stata l'introduzione della tomografia assiale computerizzata (TAC), entrata nella pratica clinica nella metà degli anni Settanta. Abbandonato l'uso dei raggi X, la diagnostica per immagini ha conosciuto un impulso formidabile grazie all'impiego degli ultrasuoni. Sfruttando appunto l'energia ultrasonora è possibile ottenere immagini ecotomografiche delle diverse strutture dell'organismo umano, in relazione al diverso potere di assorbire e riflettere le onde ultrasonore che i vari tessuti (sani e patologici) presentano. Proprio la diversità nell'assorbimento e nella riflessione delle onde ultrasonore tra tessuti sani e tessuti patologici rende le tecniche del bio-imaging molto importanti per il riconoscimento di situazioni patologiche in atto. Gli strumenti più nuovi, capaci di funzionare in real time (cioè di raccogliere immagini in rapida successione come quelle degli organi in movimento) e in maniera “bidimensionale” (con una sonda cioè mobile rispetto alla parte esplorata), consentono di ottenere in maniera del tutto incruenta e innocua per il paziente e per gli operatori una fedele riproduzione della struttura esaminata, ricca di informazioni morfologiche e funzionali. Non a caso, l'ecografia viene sempre più largamente impiegata in un numero crescente di branche mediche, a mano a mano che possono essere risolte le limitazioni tecnologiche dovute all'impossibilità di passaggio degli ultrasuoni attraverso zone ad alto contenuto gassoso. Un ulteriore campo di sperimentazione delle metodiche ecografiche è la fusione dell'utilizzazione di tale metodica con l'analisi informatizzata creando la cosiddetta ecografia tridimensionale attualmente in studio nelle applicazioni cardiovascolari. Da poco è stata introdotta una nuova metodica, non basata sull'impiego dei raggi X, la cosiddetta risonanza nucleare magnetica (RNM o NMR, secondo la terminologia anglosassone), e si sta sperimentando la cosiddetta tomografia computerizzata di emissione positronica (PET, dall'inglese Positron Emission Tomography). Il suo impiego consente di costruire sezioni trasverse degli organi esplorati, dell'encefalo in particolare, dalle quali è possibile ricavare precise informazioni sul flusso ematico regionale, sull'estrazione e sull'utilizzazione dell'ossigeno e sulla captazione del glucosio da parte delle cellule cerebrali. La PET appare quindi particolarmente promettente per quanto riguarda la possibilità di eseguire studi metabolici sulle areee esplorate.

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