Lessico

sf. [sec. XIV; dal latino calumnía]. Falsa imputazione, accusa consapevolmente infondata fatta allo scopo di diffamare la persona, l'ente, l'istituzione contro la quale è rivolta: è una calunnia!; difendersi dalle calunnie; per estensione, maldicenza, diffamazione; notizia infondata: non posso dar credito a queste calunnie.

Diritto romano

Doloso comportamento di una parte nel corso di un procedimento, sia privato sia pubblico. Nel processo pubblico, per l'età repubblicana, s'intende come calunnia il doloso comportamento di un accusatore che sottopone al giudizio di una quaestio un innocente, col proposito di arrecare a questi un danno ingiusto. Tale reato risulta punito per la prima volta da una legge Remmia del sec. I a. C.: il calunniatore veniva giudicato dalla stessa quaestio davanti alla quale aveva ingiustamente accusato la sua vittima. La pena consisteva in alcune limitazioni della capacità, per esempio nel divieto di proporre, in futuro, altre accuse. La nozione di calunnia si trasforma, nel corso dell'epoca classica, in senso obiettivo, allargandosi poi fino a ricomprendere la tergiversazione e la prevaricazione. A partire dal sec. III d. C. col termine calunnia si viene a indicare l'accusa obiettivamente infondata, che non porta alla condanna del reo e che viene colpita con la stessa pena prevista per il reato di cui il calunniatore si era presentato come accusatore. Nel processo privato, a partire dal sec. III d. C., la calunnia non è più il doloso comportamento di un litigante, bensì la pretesa ingiustificata, infondata, proposta con malizia. In diritto classico, al fine di evitarla, si imponeva all'attore di giurare che intentava l'azione per una pretesa fondata. La legislazione giustinianea estese l'obbligo del giuramento anche al convenuto.

Diritto

Nel diritto italiano moderno, secondo l'art. 368 del Codice Penale, è reo del delitto di calunnia colui che incolpa di un reato taluno che egli sa innocente ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato; la pena è della reclusione da 2 a 6 anni. Detta pena è aumentata se si incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo di 10 anni o un'altra pena più grave. La reclusione è da 4 a 12 anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore ai 5 anni; e infine da 6 a 20 anni se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo. La pena è diminuita se la calunnia concerne un fatto preveduto dalla legge come contravvenzione (art. 370 Codice Penale).

Teologia morale

La calunnia è l'ingiusta denigrazione della fama di una persona con la diffusione di notizie false sul suo conto. Per sua stessa natura la calunnia è sempre peccato grave perché contraria alla verità e offensiva della giustizia e della carità. San Paolo la pone fra i peccati che escludono il cristiano dal regno di Dio (Epistola I ai Corinti, 6,10) e San Tommaso d'Aquino la giudica il peccato più grave contro il prossimo dopo l'omicidio e l'adulterio. Il calunniatore è tenuto a una riparazione totale sia ritrattando pubblicamente le menzogne pronunciate o scritte sia riparando i danni arrecati.

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