calvìzie

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sf. [sec. XVI; dal latino calvitíes, da calvus, calvo].

1) Assenza totale o parziale dei capelli. La calvizie può essere: prematura, quando la caduta dei capelli si verifica in età giovanile; senile, quando la riduzione dei capelli è legata al progredire dell'età; sintomatica, quando è dovuta a cause diverse, come sfregamenti ripetuti, traumatismi, malattie infettive e croniche, parto, intossicazioni mercuriali e arsenicali, affezioni parassitarie, ecc. § La tendenza a perdere i capelli è carattere mendeliano tipico, legato al sesso. Responsabili della caduta dei capelli sono gli ormoni sessuali (androgeni) in individui geneticamente predisposti, in particolare del 5 α-diidrotestosterone, derivato del testosterone che viene prodotto a livello locale per azione di enzimi. Nella donna la calvizie è quasi sempre sintomatica e può essere secondaria a una iperproduzione di androgeni per disfunzioni ormonali (dell'ovaio o del surrene) o a una somministrazione di androgeni. La caduta è in genere legata a mancata nutrizione locale per cui il bulbo pilifero va perdendo la convessità terminale di appoggio nutritivo e via via si sfila dalla propria sede. L'uso di vasodilatatori locali deve essere precoce ed è a rischio per l'assorbimento generale con caduta della pressione.

2) Per estensione, aspetto spoglio e brullo di terreni che hanno perduto, del tutto o in buona parte, il rivestimento boschivo.

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