cirìllico

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agg. (pl. m. -ci). Proprio di San Cirillo: scrittura cirillica (o cirilliana), una delle due derivazioni slave (l'altra è la scrittura glagolitica) dell'alfabeto greco; prende nome da San Cirillo di Salonicco (ca. 827-869) che, missionario in Moravia con il fratello San Metodio, creò prima dell'863 una scrittura per tradurre in una lingua slava i testi sacri. L'opinione più accreditata è che in realtà la scrittura “creata” da Cirillo fosse la glagolitica e che solo più tardi sia nato l'alfabeto cirillico: questo ebbe come base le forme della scrittura greca onciale maiuscola dei sec. IX-X. Dei 43 segni dell'alfabeto cirillico originale alcuni mantennero almeno nei primi tempi la forma e il valore dei segni greci; altri segni, per suoni mancanti al greco, vennero creati in modi e tempi diversi. Per la sua minor complessità nei confronti della scrittura glagolitica, l'alfabeto cirillico fu presto assunto come scrittura ufficiale della Chiesa slava ortodossa e adottato generalmente dai popoli di quella religione (Russi, Belorussi, Ucraini, Bulgari, Serbi, Macedoni), in una forma molto simile per tutti i popoli, con qualche maggior differenza nei tempi più antichi per la scrittura dei Romeni (scrittura paleoromena); ebbe poi, fino a tempi recenti, varie modifiche, con aggiunte e soppressioni di segni. Il più antico documento esistente della scrittura cirillica è un'epigrafe del 993; vari manoscritti in cirillico risalgono al sec. XI, come l'Evangeliario di Sava, il Vangelo di Ostromir, il Suprasliensis.

E. Karskij, Slavjanskaja Kirillosvkaja paleografja, Leningrado, 1928; M. Cohen, L'écriture, Parigi, 1953; A. C. Moorhouse, Il trionfo dell'alfabeto, Milano, 1959; D. Diringer, L'alfabeto nella storia della civiltà, Firenze, 1969; S. Gregorietti, La forma della scrittura, Milano, 1988.

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